Riprendo l'auto dopo giorni. Vado alla Ford e, a parte l'enorme interesse che suscita l'Ammiraglia, non mi possono aiutare. Devo sottolineare come, ad eccezione dell'amico Sikh, al momento la sensazione è che non ci sia la diffusa, a volte esagerata per i miei occhi occidentali, disponibilità incondizionata trovata in Iran e Pakistan in cui immediatamente quasi tutti interrompevano qualunque cosa stessero facendo e, se non potevano risolvere il problema, coinvolgevano altri. Qui alla Ford ad esempio, non pensano nemmeno a provare a fare qualche telefonata, semplicemente non hanno ciò che cerco e la questione finisce lì. Però è ancora troppo presto per trarre conclusioni e soprattutto sono in una città, cosa da non sottovalutare.
Mr.Sandhu mi ha invitato a visitare il villaggio dove vive la sua famiglia, non lui, da varie generazioni. È il Punjab rurale e chiaramente accetto. Inizialmente ci fermiamo in un negozio di dolciumi dove mi cita i nomi di ogni specialità. Di una, già assaggiata in Pakistan, ne prendo un po' ed ovviamente mi viene offerta. Ieri Mr. Sandhu, dopo essersi reso conto durante una discussione del fatto che sui Sikh ne sapevo un po' e mi interessava saperne di più, mi ha regalato un libro sul Punjab e le sue tradizioni, in inglese ovviamente. A pochi chilometri da Amritsar, dopo esserci prima fermati in aperta campagna dove mi mostra i suoi terreni, iniziamo il giro. Il concetto di nucleo familiare è quello nostro di un secolo fa e comprende anche figli e nipoti dei fratelli e delle sorelle dei propri nonni. Entriamo in una fattoria isolata fuori dal villaggio che era quella dei nonni. In questa stagione ci si riposa, si comincerà a lavorare seriamente la terra in Aprile. C'è un gran silenzio a cui mi sto sfortunatamente disabituando. Si sentono solo gli strepiti di molti pappagalli che svolazzano sopra di noi.
Qui iniziamo anche la sequenza di tazze di tè e dolcetti fatti in casa che assolutamente è impossibile rifiutare. L'Italia delle campagne di 100 anni fa non era molto diversa, a parte i pappagalli. Hanno anche un trattore. L'acqua arriva da pozzi profondi più di cento metri ed adesso le pompe sono elettriche. Passiamo accanto a delle case che, sempre comunque all'interno di grandi spazi cintati, sono lussuose. Indago. Sono comunque contadini, anche se ricchi, che si sono fatti costruire le case da architetti. Avevo pensato a gente di città che, come da noi, possiede case dove passare il fine settimana, ma qui questo fenomeno è totalmente assente. Per costruire una casa non occorre alcun permesso e non ci sono vincoli, basta possedere il terreno e ci fai sopra quello che credi.
Ci spostiamo al villaggio che ha circa 3000 abitanti. In cielo decine di aquiloni oggi possono librarsi altissimi in una fuga concessa, ma controllata da ragazzi che abilmente ne muovono avanti e indietro il filo. Lo spettacolo non è però fotograficamente interessante proprio per le elevatissime quote e le conseguenti minime dimensioni.
Incitato a provare prendo in mano la sottile, ma robusta lenza ed immediatamente sento uno strattonare deciso in cerca di fuga. Questa sensazione tattile dimenticata mi catapulta a quasi cinquant'anni fa quando, su un piccolissimo canotto in cui a malapena entravo io e qualche secchio con le esche, ero solito allontanarmi nell'assolato pomeriggio estivo di lunghe giornate di mare dagli scogli di Acicastello per pescare con la lenza a mano. Gli strattoni degli ingannati pesci mi gridavano la stessa richiesta di libertà. Con quello stesso canotto, senza dire niente a nessuno, un giorno mi misi in solitario viaggio sospinto da due striminziti remi verso i Faraglioni di Acitrezza che in lontananza già da parecchio tempo mi avevano fatto sognare l'impresa. Qui adesso, questo ritrovato sperduto ricordo mi dice che in fondo non sono cresciuto per niente e che la vita in mezzo non mi ha cambiato se non nell'aspetto. Allora l'avventura finì ad un passo dalla meta quando spaventato dal sole ormai basso più che dai sicuri scapaccioni, tentai un ritorno reso impossibile dal vento contrario che respingeva la mia prima Ammiraglia. Mi vennero a recuperare in macchina, non ho ricordo delle punizioni che certamente ricevetti, ma solo dell'iniziale euforia. Spero che i cinquant'anni trascorsi mi servano almeno nel riuscire a tornare indietro da solo.
Un po' tutti conoscono Mr. Sandhu e ci salutano prima toccando il nostro ginocchio, cosa che li costringe ad un inchino, poi a mani giunte ed infine con una stretta di mano, ma quest'ultima più che altro a me che la offro. È la maniera locale di mostrare rispetto. Mr. Sandhu non tocca il ginocchio a nessuno, anche tra i Sikh le differenze esistono. I nuclei familiari che, tra mille selfie e foto con me al centro, riesco anch'io a fotografare comprendono un arco di età che va dai 2 fino almeno agli 80 anni. Il mio viaggio in solitaria penso che qui sia impensabile, oltre la fantascienza e Mr. Sandhu non si stanca di raccontarlo a tutti. Più che una celebrità mi sento come un animale esotico in esposizione.
Molti possiedono mucche, cosa impossibile per un hindu, e la mattina alle quattro in moto vanno a vendere il latte in città. Fotografando una macchina che trita manualmente il foraggio mi sento parte di un'altra epoca.
In una casa mi mostrano orgogliosi una piccionaia. Questi volatili vengono allevati al solo scopo di farli gareggiare e le scommesse al riguardo sono cospicue. Vengono rilasciati contemporaneamente e vince quello che per ultimo ritorna a terra. Pare che i migliori restino in volo ininterrottamente per oltre 12 ore.
Tornati all'ufficio pranzo insieme agli altri e trovo ad aspettarmi il foglio dell'assicurazione. Ho una ulteriore conferma del fatto che non pagherò nulla in autostrada. Mr. Sandhu mi mostra l'ennesimo regalo, un lungo tessuto di cotone che mi fasciano sulla testa. Risate e selfie a raffica. Devo dire che portato sempre mi annullerebbe il problema della calvizie, ci farò un pensierino. I Sikh si preparano il turbante ogni mattina da soli mettendoci dai 2 ai 5 minuti.
Saluto tutti e lascio un po' a malincuore, ma con l'augurio reciproco di rivederci, questa persona che non poteva farmi iniziare meglio il lungo, spero, viaggio in India e Nepal. Data l'immensità, al momento è come se avessi solo dato uno sguardo fugace attraverso lo spiraglio di un grande ed intarsiato massiccio portone.
La giornata si conclude con un po' di wildlife dalla finestra dell'hotel.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 66 – 13 Gen 2020
Piove a dirotto e tuona. Vado all'ufficio di Mr.Sandhu che mi ha organizzato un incontro con il suo amico della Oriental Insurance che mi fa una assicurazione per l'Ammiraglia per sei mesi valida anche in Nepal. Costo circa 50 euro. Domani ho il documento. Apprendo che dal 15 Gennaio sulle autostrade non si potrà più pagare in contanti, ma occorre ottenere ed installare un Telepass, ci mancava pure questa. Mr.Sandhu cercherà di aiutarmi anche in questo. All'hotel mi dicono però che gli stranieri possono circolare liberamente senza pagare nulla. Devo ancora avere conferma.
Non ho la minima intenzione di avventurarmi nel diluvio e resto in stanza uscendo solo per cenare con della carne di pollo. Sono giorni che mangio vegetariano. Ieri perfino il McDonald nella zona del Tempio aveva solo hamburger vegetariani.
I negozi sono oltretutto quasi tutti chiusi perché oggi in Punjab è la festa degli aquiloni. Nei giorni scorsi ne ho visti parecchi che si libravano altissimi rendendo impossibile vederne sia il filo, sia tantomeno il luogo da cui erano controllati. Dei puntini morbidamente svolazzanti come dotati di vita propria. Oggi con questo diluvio chiaramente non ce ne sono, forse domani.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 65 – 12 Gen 2020
Verso le dieci e mezza vado da un rivenditore di parti auto aperto anche oggi che è domenica e faccio vedere il mio filtro dell'aria. Niente, mi dice di provare a Delhi. Per i cerchioni ci sarebbero anche, ma di alluminio e non mi fido, potrei spaccarli ed allora sì che sarebbero dolori.
Nuovamente al Golden Temple.
A piedi si percorre una bella strada piena di negozi e bei palazzi, gremita ogni giorno di fedeli.
Nel tempio tutti senza distinzione devono entrare a piedi nudi, senza calze, e con il capo coperto. Già a varie centinaia di metri dall'ingresso si è assediati da chi vuole vendere degli scarni e plasticosi fazzolettini arancione da mettere a mo' di bandana, ma basta coprirsi il capo con qualunque cappello o cappuccio.
Sul lungo percorso di avvicinamento si possono incontrare alcuni guardiani Sikh del tempio che controllano che le persone non abbiano atteggiamenti ed abbigliamento sconveniente. Con scimitarre o lance sono riconoscibilissimi perché vestiti di blu, notevolmente fotogenici e serissimi. All'interno del tempio, in cui non è possibile fare riprese video, li ho visti più volte chiedere di vedere cosa si è appena registrato con gli smartphone. Ieri una ragazza ha dovuto cancellare un selfie in cui si era fotografata a capo scoperto.
Prima del tempio la folla si accalca in un altro dei luoghi famosi di Amristar che aspettavo di vedere. Il Jallianwala Bagh è un ampio spazio, chiuso completamente dai muri in mattoni delle case circostanti e con solo un piccolissimo accesso largo non più di un metro e mezzo. Fu il teatro di una delle pagine più buie della storia militare Inglese risalente al periodo in cui Gandhi sollevò la nazione contro l'occupazione, unico esempio nella storia di lotta vinta senza utilizzare la violenza oltretutto contro una delle più forti potenze mondiali. L'episodio è stato ottimamente ricostruito da R.Attenborough nel film Gandhi. Su una folla totalmente inerme che protestava pacificamente, fu ordinato di aprire il fuoco e, senza alcuna via di fuga, furono massacrate 1500 persone comprese donne e bambini. A suo tempo sollevò lo sdegno dell'opinione pubblica mondiale. Il parco, in questo momento, è un enorme cantiere. Sono visibili i muri in cui si vedono i fori provocati dai colpi sparati ad altezza d'uomo ed un monumento che dovrebbe rappresentare proprio una pallottola. Il flusso di visitatori, peraltro poco contriti e molto alla ricerca di selfies, non ha pause.
Proprio sotto le mura del tempio oggi è organizzato un punto per la donazione del sangue. I volontari sono distesi su tavolacci e le sacche che si riempiono sono poggiate su semplici bilance da cucina che ne registrano la quantità.
Consegno scarpe e calze ricevendo un prezioso numeretto in acciaio ed entro nel tempio. La folla è impressionante.
L'enorme vasca quadrata ha grandi gradini che portano all'acqua coloro che vogliono bagnarsi in queste acque credute curative ed è circondata da un grande colonnato e da un ampio percorso. Prima di entrare tutti devono mettere i piedi dentro una piccola vasca con l'acqua alta pochi centimetri. Sulle scale, in marmo come tutto il complesso, delle fitte griglie in plastica dura, utili per evitare fatali scivolate, sono l'unica cosa che da veramente fastidio ai piedi nudi.
Nella vasca nuotano, a pochi centimetri dai devoti immersi, grossi e colorati pesci. Nonostante i cartelli più d'avviso che di divieto, ieri ho visto un Sikh che dopo l'abluzione ne ha mandato giù un bel sorso.
Fuori dal quadrato, ma dentro il complesso, è allestita e permanente la mensa comune in cui chiunque, anche io, si può sfamare gratuitamente. Le dimensioni e quello che vi si svolge costituiscono uno spettacolo che non esito a definire più interessante del tempio stesso. Si stima che siano serviti 100.000, sì ho scritto bene, pasti al giorno e vedendola di persona non faccio fatica a crederci. La mensa è il luogo dove i Sikh mettono in pratica i principi di uguaglianza, mangiando tutti insieme in terra in lunghe file in cui il ricco è al fianco del povero, e di condivisione, donando denaro a degli sportelli e soprattutto partecipando tutti insieme, a centinaia dandosi il cambio, al lavaggio in lunghe vasche in cui altri volontari scaricano senza sosta i piatti d'acciaio sporchi.
Con delle lunghe catene umane i vassoi sporchi vengono portati dal punto raccolta al lavaggio.
I saloni dove si mangia sono grandissimi. Ne ho visto riempirsi uno che conteneva almeno 6-700 persone in una decina di minuti. Appena ci si siede passano vari addetti che versano nei vari scomparti il mangiare. Al riempimento la sala è chiusa ed i commensali devono mangiare celermente e poi portare i vassoi al punto raccolta. In poco tempo la sala è di nuovo libera e pronta per un altro turno.
In altre zone viene distribuito il tè e le ciotole, sempre d'acciaio, sono pulite anche con la sabbia.
Mi aggiro per molto tempo nelle cucine tra schizzi d'acqua ed un fragore assordante di stoviglie che riesce a coprire il canto sacro diffuso dagli altoparlanti, una musica piacevole suonata dal vivo che accompagna costantemente la visita fin dalle lontane strade d'ingresso.
Mentre faccio scatti che presentano non poche difficoltà di vario genere, qualcuno mi offre da mangiare e qualcun altro mi invita ad unirmi al lavaggio comunitario, offerta che devo declinare perché dovrei essere abbigliato in un altro modo.
Lasciata la Guru-Ka-Langar, questo è il nome della mensa, arrivo all'inizio della passerella che conduce al tempio centrale in cui non è possibile scattare foto. Anche oggi rinuncio a questo bagno di folla in cui nessuno dei variopinti turbanti sarebbe in grado, se accidentalmente divelto, di toccare terra.
Stavolta le foto sono quantomeno corrette nel formato e mi avvio a concludere la giornata scrivendo di questi primi approcci all'India.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 64 – 11 Gen 2020
Dopo una notte passata letteralmente al gelo chiedo di cambiare stanza e ne prendo una con finestra da cui entra il sole. È affacciata sullo strombazzamento costante, ma tanto sono settimane ormai che, per vari motivi, posso dormire solo con i tappi. Tre euro circa in più a notte.
Mentre rivado all'ufficio BSNL mi si attiva la sim, ma ormai sono arrivato. Sono tutti riuniti perché la figlia di uno di loro si sposa e Mr. Sandu è impegnato in un discorso celebrativo a cui tutti assistono in silenzio. Mi fa mettere accanto a sé e comincia a raccontare di me, del mio viaggio e di come ieri l'ufficio mi abbia aiutato. Sono un po' in imbarazzo dato che c'è anche l'applauso finale di benvenuto in India. Con una distribuzione di buoni dolcetti portati dal padre che sta per lasciare la figlia nelle mani di un altro uomo, l'assemblea si scioglie.
Qui ad Amristar c'è il luogo più sacro dei Sick, il Golden Temple.
Lunga visita ad un luogo incredibile e primo vero approccio con una delle mille sfaccettature dell'India. Non racconto qui nulla per un semplice motivo. Tornato in hotel e scaricate le foto mi rendo conto, purtroppo colpevolmente in ritardo, che al Centro Nikon di Lahore mi hanno cambiato il formato di scatto da NEF a JPG. Tutte le numerose foto sono da cestinare. Non ho un calendario, ma almeno due mesi di Santi li recito. Domani ci ritorno e ne vale la pena, ma certo è stato un bel colpo.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 63 – 10 Gen 2020
Modifico la mappa fino ad avere il percorso tutto visibile e mi viene spontaneo un “cavolo”. A vederla da casa senza il tracciato della strada fatta non mi faceva lo stesso effetto. Ci sono, e con l'Ammiraglia.
Al Wagah border tra Pakistan ed India c'è un grande anfiteatro in cui ogni sera agghindati militari delle due nazioni fanno a gara ad attirare l'attenzione dei turisti durante la parata che precede la chiusura della frontiera. Dato che per me, ed anche per qualcuno di molto più importante, tutto è relativo, non sono fondamentalista in nulla e quindi nemmeno nella mia allergia verso tutto ciò che è militare. Sarebbe anche interessante, ma al momento non rientra nei miei piani e nemmeno nei miei orari.
Arrivo prima dell'apertura e devo aspettare un po', ma non ce ne sarebbe bisogno perché questo è il primo confine in cui non c'è nessuno. Qualcuno a piedi e soprattutto nessun camion. Tra le due nazioni da sempre non corre buon sangue ed il grosso problema dei confini nel Kashmir e Jammu annulla totalmente gli scambi. Velocemente completo l'iter pakistano. Mentre mi avvio verso i cancelli che mi faranno passare in India, viene verso l'auto un doganiere che, con espressione seria ma alla stesso tempo serena, mi dice qualcosa in un inglese che non comprendo. Penso di aver dimenticato qualcosa oppure che ho un ultimo controllo da superare, ma dopo vari tentativi capisco finalmente e con mia enorme sorpresa che mi sta dicendo di essere dispiaciuto del fatto che sto lasciando il suo paese. Sono veramente colpito. Non potevo avere migliore commiato da un difficile, ma affascinante Pakistan. Gli dico che probabilmente ripasserò ad Aprile o Maggio se il viaggio non si dovesse interrompere prima e ne è sinceramente rallegrato.
Un militare pakistano apre e richiude un pesante cancello dietro l'Ammiraglia, mentre contemporaneamente uno indiano con un cappello da ranger mi spalanca la porta di un nuovo pianeta. Quei pochi centimetri, come mi rendo conto quasi subito, segnano mille differenze ma anche molte similitudini. Innanzitutto rivedo le donne, ma non è da dimenticare che anche in India hanno i loro bei problemi. Su una scala un addetto sta spolverando le pale di un grande ventilatore. I grandi saloni in cui ci sono sportelli e non uffici danno una immagine di cura ed attenzione. Per la prima volta controllano anche il numero sul motore. Fortunatamente all'interno dell'Ammiraglia sbirciano solo e chiedono di spiegare il contenuto di qualche borsa, si vede che nemmeno a loro va di farmi scaricare l'auto per controlli più seri. In poco tempo entro in India.
Amritsar è una piccola città di più di un milione di abitanti. In questo paese, che è un vero continente, il concetto di grandezza è molto diverso dal mio. Dopo aver scaricato qualcosa nella gelida stanza dell'Hotel presa a 12 euro e che sembra accettabile e fornita di acqua calda, sono già in cerca di una sim e so che non sarà semplice. Ho letto che le compagnie telefoniche hanno diffusione limitata ad alcune regioni ed in altre lavorano in roaming, ma in questo campo le novità sono quasi giornaliere e mi consigliano la Jio che sembra abbia diffusione in tutta l'India. Dopo aver fatto almeno un paio di chilometri a piedi seguendo varie indicazioni sempre errate, fermo un tuk-tuk. Qui i tuk-tuk sono più grandi e moltissimi sono ricavati da un'Ape con una grossa scritta Piaggio dietro. Ci sono anche quelli trainati da moto, ma le novità sono quelli a pedale e soprattutto quelli elettrici. Il traffico è comunque caotico, i clacson sono potenti e sembra non esserci mai una pausa negli strombazzamenti. Il ragazzo mi dice di sapere dove portarmi ed inizia da un ufficio della BSNL, unica compagnia telefonica statale che è consigliata dalla Lonely Planet. Qui conosco Mr. Sandhu. Questo signore Sikh con turbante in testa sembra l'incarnazione dei dettami di uguaglianza, condivisione ed altruismo del Sikhismo ed Amritsar è la loro città più importante. È evidente che è un riferimento ed una guida per tutti gli altri nell'ufficio. Mr. Sandhu, che va ad aggiungersi alla lista delle persone splendide conosciute, mi offre un tè e verifica che abbia tutti i documenti necessari compresa foto tessera. Come indirizzo do quello dell'Hotel a cui telefona per la necessaria verifica. La burocrazia è ferrea e complessa, ma dopo un'oretta anche di piacevole conversazione, ci siamo. Mi spiega la procedura per l'attivazione da fare dopo aver avuto accesso al segnale. Circa 22 euro per avere per un anno 2Gb al giorno. Ha anche un amico che può farmi l'assicurazione temporanea per l'Ammiraglia, ma oggi è venerdì e deve passare il fine settimana. Il ragazzo olandese non ha fatto l'assicurazione nemmeno in India dove è obbligatoria, ma io se riesco preferirei farla anche se sono consapevole che in caso di incidente sarei sempre dalla parte del torto ed avrei comunque problemi nonostante l'assicurazione. Foto varie e mi chiede di registrare anche un video in cui ringrazio tutto l'ufficio per l'aiuto ricevuto.
È ancora presto e mi metto comunque alla ricerca di una compagnia assicurativa che mi hanno indicato all'Hotel ed ho cercato in rete. Sempre a piedi per rendermi anche conto di dove sono, cosa che al momento mi sfugge. Tutto troverò tranne che gli uffici indicati su Google.
Passo per una zona poco illuminata ed abbastanza sporca e dopo aver già visto le attese mucche tranquillamente in giro per le strade mi blocco per qualcosa di inaspettato. Cinghiali. Si aggirano grufolando nel fango e nell'immondizia.
Ne vedrò almeno una quindicina assuefatti al caos ed alla gente.
Sento dei canti. Un grande tempio indù non segnalato sulla guida, lo Sri-Durgiana-Temple. Entro lasciando le scarpe agli addetti. Totalmente impreparato fotograficamente ho il primo approccio con la tradizione hindu
In un grande spazio quadrato che rappresenta la perfezione, il tempio principale che al momento posso solo ipotizzare dedicato a Ganesh con la testa di elefante, è al centro di una vasca d'acqua ed è raggiungibile tramite una passerella. Una ritmata preghiera a cui farei bene ad unirmi visto che il Dio incarna la buona sorte è, non so perché, ripresa da telecamere.
Un piccolo corteo fa intanto un giro del quadrato, cantando ed accompagnando un'immagine.
Sono stanco, torno in hotel.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 62 – 9 Gen 2020
Con l'intento principale di fare qualche chilometro con il nuovo filtro, vado ai Giardini Shalimar. In una Lahore che non ha più segreti riesco a muovermi bene evitando ed aggirando le zone e le strade che so intasate. I giardini sono una delle ultime attrattive che mi manca di vedere. Posso dire di conoscere Lahore meglio di Londra o Parigi e di tante altre città anche italiane.
Sui giardini non c'è molto da sottolineare. Simili nella struttura ad altri luoghi visitati sono ormai immersi nel tessuto urbano e ne costituiscono un'oasi in cui passeggiare tra i molti scoiattoli. La caratteristica più interessante sono le immense fontane, purtroppo asciutte, che sono collegate tra loro da una rete di canali che sfruttano le diversità di livello dei vari grandi giardini. Con queste in funzione lo spettacolo sarebbe grandioso.
Al centro Nikon finalmente lascio la D810 che riprenderò con il sensore pulito nel pomeriggio. Ad un incrocio fotografo come prova uno dei travestiti di cui parlavo giorni fa. Forse è solo un espediente per ottenere denaro, ma certamente è qualcosa di totalmente inaspettato anche se non siamo nella penisola arabica.
Faccio solo una piccolissima considerazione su questa curiosità e sul Pakistan. Io ho girato esattamente come farei in Italia ed ho incontrato solo gentilezza e disponibilità all'aiuto. Mi sono posto una domanda, relativamente al soggetto in foto: se fosse ad un incrocio in Italia sarebbe tranquillo e non importunato come vedo qui nel pericoloso e fondamentalista Pakistan?
Due pulcette e ciuffi di capelli in stanza e nella doccia non sono nulla anche se alla lunga stressano e le macchie su lenzuola ed asciugamani comunque quasi sempre puliti sono più un problema psicologico.
L'avere dinanzi agli occhi fiumi di immondizia che scorrono in cui escrementi che non ho comunque visto sarebbero la componente meno preoccupante, invece che leggere sul giornale diligentemente gettato nella differenziata di lontani oceani di plastica e continuare a vivere nello stesso modo sfoggiando sempre nuovi piccoli ormai inutili business ecologici spesso solo diversamente inquinanti, per come la vedo io sono lo stesso identico problema e non certo un miglioramento.
Amir mi controlla il motore, riregistra le punterie e verifica l'assenza di perdite. Finalmente capisco che il pistone è sempre quello mio che è stato sistemato. Il filtro dell'aria può andare, ma devo comunque cercare quello corretto. Lo saluto e lo ringrazio e gli do appuntamento per Aprile o Maggio.
Faccio lavare per bene l'Ammiraglia esternamente e sotto e mentalmente riconsidero la sua situazione.
Il motore è sempre quello originale, anche se ringiovanito da un lifting, ed è una cosa che mi fa piacere. Il filtro dell'aria è arrangiato, ma sembra efficiente. I pneumatici sono nuovi. Il clacson è adesso un doppia tromba pakistano installato per poter competere su strada. Il guidatore è anch'esso originale e senza lifting.
Devo dire che tutto sommato dopo due mesi dalla partenza posso essere soddisfatto di come domani entrerò, cosa che anche i fatti hanno dimostrato essere assolutamente non scontata, nel primo dei due paesi che dall'inizio considero meta principe di questo viaggio, l'India.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 61 – 8 Gen 2020
Amir mi ha chiamato per dirmi che all'officina ci sarà questa sera. Abbandono volentieri i quartieri alti non perché siano alti, ma per gli atteggiamenti osservati. Stanza all'hotel dove per una settimana ho atteso la guarigione dell'Ammiraglia. Vado al Centro Nikon. Un black-out non permette al laboratorio di pulirmi subito il sensore, non c'è verso. Relativamente vicina c'è l'Anglicana Chiesa della Resurrezione che è più una curiosità ed in cui trovo un po' di Natale.
Black-out infinito, desisto. All'officina mi hanno trovato un filtro simile, ma che comunque non entra. Dopo averlo rigirato tra le mani lo acquisto lo stesso dato che costa solo 3 euro e mezzo e, sotto sguardi interrogativi, comincio a modificarlo con la pinza. Dopo una buona mezzora di lavoro riesco nell'intento di farlo entrare dove non voleva. Ho un filtro nuovo non perfetto, ma abbastanza efficace. Si è fatto buio e non ho voglia di mettermi in giro per provarlo un po' più a lungo. Vedremo domani. Amir mi comunica che ci sarà domattina.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 60 – 7 Gen 2020
Sono in viaggio già alle 7 e mezza per cercare di evitare il caos ed immettermi subito in autostrada. Ho tanti chilometri da fare e potrei essere costretto a delle soste impreviste a causa del filtro, spero non del motore. Tempo pessimo, piove e poche centinaia di metri più in alto ha nevicato. La Karakoram Hwy deve aspettare. Gomme nuove e cerchioni storti non vanno molto d'accordo, ma dopo un paio di centinaia di chilometri iniziano a fare conoscenza e le vibrazioni calano sensibilmente. Comunque questo non mi ferma, nemmeno se le ruote diventassero quadrate e dovessi guidare con il Parkinson. A Lilla, dato che il filtro dell'aria sembra aver deciso di non ostacolare i miei piani, esco per una visita per cui all'andata non avevo avuto tempo. Percorro 25 chilometri su una piacevolissima strada di campagna, dissestata il giusto, che attraversa solo due piccolissimi villaggi mentre per il resto le abitazioni sono gradevolmente disseminate tra i campi in cui ferve l'attività.
Sono i primi chilometri, escludendo autostrade e scortato Belucistan, in cui guido rilassato godendomi anche le scene che mi si pongono dinanzi. Su un camion stanno coprendo per il trasporto il motivo della mia deviazione, grossi blocchi di sale che brillano al sole. La pioggia me la sono lasciata alle spalle insieme alle alture.
A Khewra c'è la seconda miniera di sale più grande al mondo aperta ed attiva da secoli. Il commercio del sale estratto risale all'era Mughal quindi al sedicesimo secolo, ma per la scoperta del giacimento tocca riandare ad Alessandro Magno. Miniera tuttora attiva.
Il giro all'interno costa ben 20 dollari per gli stranieri e si svolge al settimo dei 16 livelli esistenti. Oggi non è in funzione il trenino perché ci sono pochi turisti, tutti pakistani ovviamente tranne me. Mi accompagna una guida anche se ho ripetuto più volte che non capisco l'inglese, unica arma efficace per far desistere i più insistenti, ma qui sembra che occorra essere comunque accompagnati. Prima di arrivare al sale si attraversa un interessante spesso strato di roccia multicolore.
Anche se qui non lo dicono, ma ad una mia domanda la guida conferma, se andate all'erboristeria all'angolo e chiedete una confezione di Himalayan salt vi daranno un sale quasi sempre rosa che proviene da questa miniera e che con l'Himalaya ha pochissimo a che vedere. Sale Pakistano o Sale di Khewra lo comprereste? Il colore ne determina la qualità, dal migliore rosa al bianco, al rosso. I tunnel e le grotte in cui si è completamente all'interno del visivamente vellutato sale, che viene lasciato per il 50 per cento a sorreggere le volte, sono splendidi.
Varie caverne sono ricolme dell'acqua piovana che filtra dalla montagna e viene poi pompata artificialmente all'esterno. Per attrarre l'occhio dei turisti hanno costruito delle strutture francamente senza senso illuminate oltretutto con luci multicolori che mi aumentano significativamente la difficoltà fotografica. Visivamente comunque l'effetto dei mattoni di sale traslucidi retroilluminati è notevole. La moschea costruita dai minatori 55 anni fa è l'unica piccola costruzione che merita una citazione.
Gli ultimi 200 chilometri mi riportano a Lahore in cui per riabbassare il budget e provare un'altra sistemazione, ho prenotato in un B&B a 13 euro. Passo dall'officina, anche se il meccanico non c'è, per cercare aiuto per il filtro. Lascio quello vecchio a chi domani proverà a trovarlo a Lahore. In un ricco quartiere con tanto di controlli di polizia all'ingresso ed in cui c'è solo qualche tuk-tuk fermo all'angolo come fosse un taxi, scortato da un domestico tuttofare che chiama “il cinese” il padrone che sento solo tramite WhatsApp, entro in una ricca villa con un enorme cancello che si richiude alle spalle dell'Ammiraglia. La sistemazione sarebbe anche buona e certamente più pulita di vari hotel, ma scopro che non c'è l'acqua calda. Farfugliamenti vari del cinese, incavolatura mia più per la manfrina che per la mancanza, e resto comunque una notte solo perché è tardi e non ho voglia di rimettermi in moto. Freddo intenso in stanza, niente riscaldamento ma questo era ovvio. Esco per comprare da mangiare. Gran negozio con clienti bene e commessi male che obbediscono ad ordini impartiti con decisione e portano la spesa direttamente all'auto dell'elegante avventore. Detto per inciso a Lahore ho visto auto che nella targa sotto i numeri riportavano la scritta “Avvocato” ed una con “Avvocato della Corte Suprema” che mi facevano venire voglia di un'aggiunta adeguata con il pennarello indelebile. Un quartiere di sgradevole gente con la puzza sotto al naso.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------- Giorni 58 e 59 – 5 e 6 Gen 2020
Non vado a Peshawar, nelle cui vicinanze c'è un villaggio interdetto agli stranieri che potrei provare a raggiungere comunque, perché ho necessità di uscire dalle città. Da Islamabad parte una autostrada che nelle intenzioni quando completata dovrebbe sostituire la mitica Karakoram Highway. La costruzione è diretta e probabilmente anche finanziata dalla Cina e stavolta ne sono certo perché è scritto a chiare lettere e vedo anche occhi a mandorla che osservano, sotto caschetti protettivi, operai pakistani sotto Pakol. Al momento è completata e transitabile solo fino a Mansehra, ma già sui cartelli sono riportate località più lontane. Solo il vedere qualche altura alberata, pur con una notevole presenza di fabbricati, mi rasserena. Uscendo però sulla vera Karakoram Hwy il traffico torna ad essere il solito e qui in più la strada è stretta e spesso dissestata con un'alta presenza di camion per superare i quali tutti, anch'io, si buttano sull'altra corsia anche in curve cieche ed anche con mezzi che procedono in senso contrario. Si strombazza e si rallenta cercando di non fare dei frontali. Non ho ancora probabilmente detto che qui in Pakistan nessuno guarda il cellulare durante la guida, è umanamente impossibile. Lo estraggono solo se totalmente fermi ed imbottigliati.
Quando poi si attraversano grossi centri come Mansehra ci si può mettere un'ora per percorrere 4 o 5 chilometri. Le idee che avevo sulla strada da percorrere sono totalmente irrealizzabili. Torno indietro fino ad Abbottabad per un hotel che sembra migliore degli ultimi e costa infatti di più. Devo infilarmi in un vicolo strettissimo in cui rompo il vetro dello specchietto e tocco sotto un paio di volte tanto è dissestata quella che non chiamerei strada. Basta! Caccio un urlo liberatorio e ne esco mandando a quel paese l'Hotel. Sulla strada ce ne sono tantissimi ed al primo che mi sembra buono sento quanto mi chiedono. La stanza è la migliore ad oggi dell'intero viaggio ed ho il riscaldamento. 6000 rupie che riesco a portare a 5500, ma non meno. 33 euro. Il doppio di quello di Islamabad, ma ne ho bisogno. Mi accompagnano da un vetraio che mi fa un non rifinito specchietto nuovo che riattacco con il mio silicone. Almeno questa l'ho risolta a razzo. Una doccia come si deve ed esco.
Grandi negozi luccicanti e piccole rivendite sono ammassati e si succedono senza alcun ordine. I vuoti che ogni tanto si aprono hanno la funzione di discarica. Occorre fare lo slalom tra le auto parcheggiate ovunque, quelle che sono in movimento e gli scoli giganteschi dell'acqua che dall'odore sembrano anche fogne. E comunque il tutto non ha affatto un aspetto deprimente da cui vorresti fuggire. Di certo però non mangerei nei localini pie dan l'eau.
Anche qui, come già successo ad Islamabad più volte e mi ero dimenticato di scriverne, noto in strada che chiede denaro un travestito. Con il velo, truccato e vestito da donna. Non che della questione mi importi qualcosa, visto che in questo campo come in altri penso che la libertà di ognuno debba essere legata solo al consenso del partner ed alla sua capacità di esprimerlo, ma è rilevante perché sono in un paese musulmano. Non ne so altro e non ho indagato. In India mi sembra di aver letto che la comunità omosessuale ha ottenuto da poco una specie di status di casta, ma lì è questione comunque difficile, ma ben diversa.
Mi fermo a prendere due porzioni di ceci bolliti insaporiti con creme e spezie varie ed un ragazzo, saputo che sono italiano, mi porta al negozio del fratello che commercia con l'Italia ed è già venuto tre volte a Prato. Commercio di Kashmir e tessuti. Con Mr. Muhammad Asghar e l'amico Mr. Syed Jamal Shah che mi va di citare, parliamo ininterrottamente per un'ora e mezza.
Una discussione aperta che spazia dal Pakistan, per il quale esprimo sia lodi che dure critiche che condividono apprezzando la mia franchezza, alla politica internazionale ed all'economia mondiale. Con le dovute anche rilevanti differenze, le idee, le preoccupazioni, le critiche, le aspirazioni, ciò che passa per la mente alle genti del mondo che non hanno la preoccupazione giornaliera di come sfamarsi o di come primeggiare o di come affossare altri simili, ha il comune denominatore della serenità globale del vivere. Poi è ovvio che del passaggio dalle parole alle scelte quotidiane non posso saperne nulla, ma in testa quelle idee ci sono ed è certamente difficile agire poi ignorandole consapevolmente.
Mi sto rilassando e mi sto staccando per un po' dallo scoprire e dal fotografare per prepararmi al nuovo inizio che sarà l'ingresso in India.
Decido di restare ancora una notte.
Mi alzo e con calma mi metto in movimento. Stamattina piove abbondantemente. Non è la stagione adatta a questi luoghi. Torno a Mansehra dove decido di fermarmi da un fornito gommista. Ad Islamabad, sull'asciutto, in due frenate non al limite ho slittato sull'asfalto. Ho già percorso 16000 chilometri e l'enorme esperienza accumulata in Australia riguardo all'usura dei pneumatici sulle sterrate mi aveva già fatto pensare che era ora di un cambio gomme. Potrei andare ancora avanti, ma in questa stagione e nei luoghi in cui mi recherò prima di fiondarmi nell'India del Sud preferisco non correre rischi. Cambio tutte le quattro ruote ed almeno le posteriori sono certo che le rivenderanno come usate. 115 euro tutto. Cinesi, nuove, non rigommate, non invernali che mi dicono di poter usare per 65000 chilometri su asfalto. Probabilmente vero solo se fossi disposto anche ad andare con le slick come le formula 1. Non hanno alcun macchinario, nemmeno l'avvitatore a pistola.
Riparto e l'Ammiraglia sobbalza ed oscilla anche alla bassissima velocità del traffico che mi fa impiegare quasi un'ora per tornare da quello che non era un gommista, ma un semplice rivenditore di pneumatici. Dal gommista mi ci accompagnano. Intanto due ruote sono montate male e qui, con le macchine, le rimontano correttamente. Passando all'equilibratura vedo che i cerchioni sono ben storti. Già in Italia avevo preso i migliori, ma non perfetti, tra quelli dell'Ammiraglia e di un'altra auto identica che posseggo. Per dare un'aggiustata serve parecchio piombo. Mi dicono, ignorando oltretutto quali percorsi accidentati ho fatto, che in Pakistan un cerchione dura mediamente un anno e mi raccontano di turisti in Toyota con due cerchioni distrutti. Qui cerchioni per l'Ammiraglia nemmeno l'ombra, si vedrà. Intanto non sobbalzo più, ma è già quasi buio e non riesco ad andare sull'autostrada per provare a velocità più elevate. Nuovamente filtro intasato e problemi mentre torno. Stavolta faccio dei piccoli buchi all'interno del filtro che non dovrebbero comunque far entrare granché di sporco, ma permettere un migliore passaggio d'aria. Il risultato c'è, ma sarà da vedere per quanto ci andrò avanti. Prima di attivarmi per una spedizione dall'Italia che penso di poter organizzare da solo devo essere in India e provare se trovo qualcosa. Il motore invece va benissimo e non ho alcun problema. Inizia a scendere una neve fortunatamente annacquata. The winter is coming. Ho fatto bene a cambiare le gomme. Ad Abbottabad gli enormi scoli dell'acqua sono straripati in vari punti e per strada si vedono scorrere fiumi di immondizia.
Mi metto in camera a scrivere e non esco più.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 57 – 4 Gen 2020
Anche questa notte dormirò qui. Da un meccanico mi viene detto dove a Rawalpindi posso trovare il filtro dell'aria. Ci devo provare. Quando ci arrivo, a non più di 10 chilometri, ritrovo il solito Pakistan ed i soliti tuk-tuk in numero però comunque decisamente inferiore. Niente da fare. Non ne trovo di adattabili. Durante questa giornata passata interamente in coda all'interno del solito traffico infernale, in uno dei laboratori in cui artigianalmente vengono prodotte le decorazioni per i camion, ne compro una piccola per l'Ammiraglia, un uccello in latta smaltata. Noto spuntare dalle case dei piccoli templi che con l'Islam c'entrano poco. Sono degli antichi templi indù che adesso, assolutamente non segnalati e con le case che li hanno soffocati e che vedo hanno anche utilizzato gli spazi un tempo sacri, sono assolutamente inaccessibili. Un pezzo di storia che nuova storia ha divelto. Un ragazzino in alto con un aquilone mi fa fare l'unica foto di oggi.
Tornando all'hotel l'Ammiraglia fa fatica e procede facendo dei saltelli dovuti certamente alla carburazione. Tolgo il filtro dell'aria ed i problemi scompaiono confermando i miei sospetti. Ho percorso circa 600 chilometri da quando lo sporco vecchio filtro è stato riposizionato e già è intasato. Ho un bel problema. Forse ho sbagliato a non passare subito in India. Lo faccio pulire con l'aria compressa e lo rimetto e non ho più i problemi di prima, ma ci faccio solo pochi chilometri. Vedremo domani. Questa nuova incognita mi getta in uno stato d'animo pessimo e la calca di gente smette di essere interessante. A quasi due mesi dalla partenza, ormai lontano da sereni luoghi isolati da attraversare sull'Ammiraglia in perfetta efficienza, ho un forte calo di motivazioni nonostante la positiva soluzione del grave guasto e l'enormemente meno grave problema del filtro mi appare insormontabile e foriero di guai e soprattutto stress. Devo fermarmi per un po', ma non qui in Pakistan. Ad aggravare lo stato d'animo le notizie internazionali che arrivano mi confermano solo che l'idiozia è la principale caratteristica degli umani, soprattutto di quelli che vogliono a tutti i costi avere una ribalta da cui esibire il proprio essere superiori. Potrei avere la strada tagliata per un ancora lontano ed incerto ritorno. Se non potessi ripassare dall'Iran, magari potrei affrontare l'Afghanistan che è qui a poca distanza, comunque è ancora troppo presto sempre se questa storia durerà veramente molto a lungo.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 56 – 3 Gen 2020
Carico tutto in macchina. Dopo aver ieri costatato che l'Ammiraglia al momento non ha ricadute immediate, voglio arrivare ad Islamabad e sull'autostrada viaggiare per circa 400 chilometri a velocità costante. Una sorta di primo rodaggio. Come previsto la posizione in cui è stato messo il tubicino della sonda del livello olio non permette alcuna verifica. Rivado all'officina e stavolta, con calma ed impiegando più tempo lo rimettono penso correttamente, ma lo saprò solo domani.
A 150 chilometri da Islamabad ha termine l'immensa nebbiosa pianura coltivata e si incontrano un paio di basse cime con delle salite non ripidissime, ma sensibili, che l'Ammiraglia sembra superare con una agilità che non ricordavo. Ho deciso di restare in Pakistan almeno fino a martedì prossimo quando Amir sarà tornato e potrà dare un'ultima controllata prima di passare in India. L'assenza di problemi e di rilevanti incontri mi permette di parlare di guida ed hotel in modo più dettagliato.
Retaggio inglese è la guida a sinistra. Per me non è una novità, ma è in assoluto la prima volta con un'auto a guida a sinistra. È molto meno problematico e non ho avuto esitazioni già dai primi chilometri all'ingresso in Pakistan. Il motivo è semplice, i comandi non sono invertiti. In altre occasioni, per giorni, ogni volta che dovevo mettere la freccia azionavo i tergicristalli.
Gli hotel lasciano parecchio a desiderare e sono piuttosto cari. Il problema primario è la pulizia e, perché sia chiara questa indicazione, specifico che io sono un acerrimo contestatore della paranoia italiana al riguardo che, esattamente come l'utilizzo spropositato di antibiotici, fa rapidamente evolvere generazioni più agguerrite di germi e contemporaneamente abbassare le difese immunitarie. Quindi, quando dico che il livello di pulizia è basso intendo che la maggior parte delle persone che conosco non ci entrerebbe nemmeno. Lenzuola ed asciugamani sono piccoli, spesso accettabilmente puliti, ma sempre indelebilmente macchiati da precedenti innumerevoli usi e con vari piccoli buchi. L'acqua calda è sempre presente almeno al livello degli alberghi che scelgo che è comunque basso. A volte ci sono dei black-out elettrici che però non dipendono dagli hotel. Il livello dei pasti ordinati è sempre stato più che buono, mentre le colazioni se comprese nel prezzo sono scarsissime. Il riscaldamento normalmente non c'è o si paga a parte e consiste quasi sempre in una semplice piccola stufa elettrica od a gas. Arredamenti e bagni quasi sempre vecchi e malandati. Rivalutandolo adesso, l'Hotel Bloom di Quetta aveva un ottimo rapporto qualità-prezzo. Gli hotel che scelgo si aggirano sui 20 euro a notte e, per avere dei comfort diciamo discreti dovrei salire ad almeno 40 o 50 a notte, mentre per standard prossimi a quelli occidentali occorrono più di 100 euro a notte. Io parlo di cifre per un singolo, se cambia qualcosa per una coppia non saprei. Le stanze singole comunque esistono raramente e ho quasi sempre matrimoniali.
L'ingresso ad Islamabad è totalmente differente da quello nelle altre città. Anche in periferia ci sono costruzioni gradevoli basse e molte ville con il filo spinato sugli alti muri di delimitazione mi fanno pensare alle metropoli sudamericane. Efficienti vigili con il cappello dirigono un traffico di sole auto ben incolonnate e qualche moto. La cosa che immediatamente si nota è la totale assenza dei tuk-tuk che da soli costituiscono almeno l'80% della caoticità. È un altro Pakistan.
Vado al centro Nikon per far pulire il sensore della Nikon D810 e mi dicono che dovrebbero mandarla a Lahor. Sul sito Nikon non risultava ci fosse un centro a Lahore. Devo rinunciare per adesso.
La città è divisa in settori numerati ed in ognuno sono presenti un po' tutti i servizi principali e le abitazioni. Non c'è un ben definito centro quindi. Rawalpindi è una differente città ormai fusa completamente con Islamabad, ma per il momento non ne so nulla.
Dov'è il centro Nikon è un settore a nord ipermoderno ed iperricco ed ipercaro e nei locali che non sfigurerebbero nelle più belle capitali europee molte ragazze in giro da sole hanno i capelli curati e scoperti. Chi vi si aggira è abbigliato elegantemente ed io sono l'unico a portare il Pakol, il cappello Afghano dei Pashtun diffusissimo ovunque. Settori poco interessanti. Un bar frequentato da tanta bella gente in ghingheri si chiama Cannoli. Entro e quelli in vendita non sono nemmeno un lontano ricordo. Gli faccio vedere in foto dei veri cannoli, ma è evidente che non sanno nulla del nome che hanno dato al locale e nemmeno sembrano granché interessati. Business, business, business non c'è altro nella testa. Addio Pakistan.
Nel settore dove ho invece l'albergo la situazione è più o meno simile a quella ormai familiare, al netto però del caos che qui è inesistente ed ho la possibilità di aggirarmi concentrando l'attenzione sulle varie attività. In un ristorante due giovani mi chiedono il link alle foto e ci chiacchiero un po'. Uno, come molti altri incontrati, mi dice di avere il fratello in Italia ad Aosta. Il gestore di una rosticceria in cui sono cotti alla brace dei polli mi invita ad assaggiarli decantandone la bontà ed effettivamente sono squisiti. Ci tornerò domani. Non mi fa pagare nulla e stiamo a chiacchierare per un bel po' seduti ad un tavolo. Una persona deliziosa che, come molti altri, è felice di vedere europei che tranquillamente si aggirano visitando il suo malamente conosciuto paese. Spessissimo vengo fermato solo perché vogliono farsi un selfie con me, come se fossi una celebrità.
L'altra faccia però è sempre presente a ricordarmi che questo resta un paese per pochi se lo si vuole visitare senza restare in qualche torre d'avorio di un costosissimo hotel. Sotto le lenzuola sento dei pizzichi e comincio a grattarmi. Non vedo nulla, ma scendo in auto a prendere il potente anti-insetti da giungla che mi servirà più avanti e ne spruzzo un bel po' direttamente sotto le coltri comunque già umide per il freddo. Tranquillamente adesso posso scrivere e dormire senza più molestie.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 55 – 2 Gen 2020
Metto un po' in sesto l'interno della macchina. Apro il cofano. Il livello dell'acqua è molto sopra il massimo, ne ha messa troppa. Tento di estrarre l'asta per il controllo del livello olio e mi resta in mano anche il tubicino in cui è inserita. Cominciamo bene. È un bel problema perché dal buco l'olio uscirebbe a schizzi. All'officina un amico di Amir fa intervenire un altro meccanico. lo mettono a posto con del silicone, non devo toccarlo fino a domani, ma la posizione in cui sta non mi convince.
Vado finalmente fuori città, non ne potevo più anche se Lahore è interessantissima. Faccio un po' di autostrada a 100km/h e l'Ammiraglia la sento nettamente più elastica nella resa e silenziosa. A 60km c'è Hiran Minar, una grande vasca d'acqua in cui si può navigare affittando un pedalò o fare un breve giro in barca a motore che ha senso solo per chi probabilmente non ha alcuna esperienza di mare. Al centro un bel padiglione. Il tutto fu edificato più di 400 anni fa in memoria di un cervo. Con intorno un grezzo ed invernale piccolo spoglio parco è meta di gita, come tutti i luoghi simili, per i pakistani in cerca di tregua dal caos onnipresente di qualunque agglomerato urbano. Non irrinunciabile. Per i locali il prezzo dell'ingresso è come all'incirca ovunque di 20 rupie, mentre gli stranieri pagano praticamente sempre 500 rupie, all'incirca 3 euro e mezzo non proprio una sciocchezza visto che occorre pagare quasi ovunque.
Tutto intorno il panorama è arricchito da decine di ciminiere fumanti che sfornano continuamente mattoni. Mi ci fermo davanti per delle foto e vengo immediatamente invitato a visitarne una. La cottura avviene in due grandi spazi, usati alternativamente, in cui il calore viene convogliato. Mentre uno si riempie con i mattoni crudi portati a dorso d'asino, l'altro viene svuotato a mano dopo la cottura.
La temperatura dell'acqua effettivamente sale oltre i livelli abituali, ma non al punto da impensierire. La prima prova seria del nuovo corso dell'Ammiraglia non ha evidenziato problemi.
Torno in hotel e con un tuk-tuk mi reco al Santuario di Data Ganj Bakhsh, un poeta Sufi dell'anno mille molto famoso e venerato. Il sufismo ed i Sufi, per dirla in poche parole, sono il lato mistico dell'Islam aggiungerei Sunnita, ed i seguaci ricercano l'Assoluto, Dio, Allah, in se stessi perché questi è l'uno e qualsiasi essere non è che un suo riflesso.
Penso di assistere solo a dei canti sacri di devozione, i Qawwali, che mettono in comunicazione con Dio, ed invece mi ritrovo con centinaia di fedeli a condividere gomito a gomito riti in cui non mi perdo d'animo solo perché allenato da anni di feste di S.Agata.
Approfitto per esortare chi legge a programmare un viaggetto a Catania in occasione di questa festa che non ha eguali in Italia ed in Europa leggevo che forse solo la Semana Santa di Siviglia può reggere il confronto. In ogni caso a due passi c'è la possibilità di assistere a qualcosa di unico che difficilmente si dimenticherà. Basta andare dal 3 al 5 Febbraio giorni finali della festa, farsi consigliare sui migliori passaggi da vedere e buttarsi nella folla senza paura. Sono date fisse non importa che giorno della settimana siano. La festa in realtà inizia un mese prima, ma i due ultimi giorni sono il clou. Non ve ne pentirete, garantisco personalmente.
All'esterno i controlli sono severissimi e non si possono introdurre borse o macchine fotografiche, io riesco ad intrufolare la Leica, comunque sono ammessi i cellulari e con questi è possibile fare foto e filmati.
Solo un paio di descrizioni necessarie per capire meglio il video. La tomba del poeta è letteralmente assalita solo per un tocco con la mano o un selfie molto poco mistico. Uno della confraternita mi nota e mi fa andare avanti per poter vedere la tomba e chiaramente fare una donazione. La sosta alle finestrelle che si affacciano sull'area della tomba, in cui vedo dei privilegiati probabilmente paganti, è solo di qualche secondo. Un morto, coperto da un telo e fiori, su un letto di metallo portato a braccia viene introdotto per avere la benedizione del santo ed anche a lui sono concessi solo pochi secondi. Durante il Qawwali di un ragazzo con una voce abbastanza coinvolgente, altri della confraternita preparano sacchetti di dolciumi che verranno poi distribuiti gratuitamente insieme a tanto altro cibo. Scendo al piano inferiore dove ai lavatoi si ammassano i fedeli scalzi per una indispensabile lavata di piedi. Il pavimento è pieno di resti di cibo di vario genere e lo sento appiccicoso sotto le calze che certamente non potrò riutilizzare prima di una seria disincrostata. Nella stessa grande sala si distribuisce cibo che cerco di ottenere anch'io spingendo a tutta forza in mezzo ad una marea ondeggiante e sempre in procinto di rovinare per terra. Ognuno ha in mano un sacchetto di plastica che viene afferrato, riempito del cibo in quel momento disponibile e restituito. C'è una inutile fila, ma è più un assalto all'arma bianca in ordine sparso. Quando conquisto la prima linea, con in una mano il sacchetto e nell'altra il cellulare, quello che doveva essere riso è finito ed iniziano a riempire i sacchetti con qualcosa di liquido che non so cosa sia e che mi fa rinunciare alla lotta.
Esausto mi infilo in un tuk-tuk e, arrivato in stanza, crollo sfinito senza la forza di scrivere nulla.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 54 – 1 Gen 2020
Mi sveglio più tardi del solito. Ieri sera ho lavorato fino a tarda notte poco disturbato dai pochissimi botti, quasi nulla. Dal meccanico non c'è né lui né la macchina. La sta provando. L'Ammiraglia anche nel 2020 vuole avere un ruolo nella mia vita. Sono abbastanza in tensione, non si sa quando Amir tornerà e magari sta anche girando per qualcosa di ancora non del tutto sistemato. Me ne vado o mi prende l'ansia. Un tuk-tuk per gli Shalimar Gardens in cui non arriverò mai. In una strada mai percorsa fino ad oggi veniamo fermati ad un grande posto di blocco militare. Dopo i controlli mi dicono che io sono a posto, ma il mio autista no e non capisco perché e nemmeno cosa vogliono che faccia, ma alla fine mi dicono di risalire nel tuk-tuk a cui non permettono il passaggio e ci ordinano di tornare indietro. Imposizione veramente assurda visto che siamo in piena città e ci sono migliaia di altre strade, ma potrei non essere a conoscenza di qualcosa. Comunque dopo essere tornato indietro il mio autista, che ha cercato invano di spiegarmi la questione in punjabi o in urdu non saprei, si avvia ovviamente comunque verso la mia meta su una delle mille parallele in cui non ci sono posti di blocco. Veramente senza senso tutta la faccenda e siamo stati fermi almeno dieci minuti davanti a serissimi ed inflessibili militari. Mah.
Telefonata del meccanico. Immediato dietrofront. L'Ammiraglia è pronta e ci salgo per un emozionante giro di verifica in cui Amir mi invita a velocizzare la mia tesa, delicata e preoccupata guida. Ho paura che qualcosa mi si rompa tra le mani. Tutto bene, ma so benissimo che c'è bisogno di ben altri test. Ha cambiato il filtro dell'olio e mi dice di aver bisogno di tre ore per trovare quello dell'aria. Non riesco a restare distaccato e ad utilizzare questo tempo per riprendere l'esplorazione interrotta, quindi semplicemente vado in hotel ed aspetto lì. Puntuale mi porta l'auto. Non capisco se non ha trovato il filtro e ci vuole troppo tempo per averlo oppure se è troppo caro, probabilmente entrambe le cose. In ogni caso ha pulito con la benzina quello vecchio e mi dice che per adesso va benissimo ed in India probabilmente lo trovo più facilmente ed a prezzo più basso. Non ci credo molto, ma c'è poco da fare. Non averne portati con me è stata una vera enorme fesseria, ho pensato a tante cose e non a questi. Mi consiglia di stare attento alla temperatura dell'acqua, credo di capire che il pistone nuovo avrà più attrito, e di fermarmi se va oltre il livello di guardia.
Non ci sarà fino a martedì prossimo perché domani va con la moglie a Multan, si è sposato da solo un mese e penso che questi giorni siano la luna di miele. Incredibile, come il mio meccanico italiano che al momento è in Cile. Casuale prova dell'abisso economico che separa due mondi pur quando i costumi sono identici. In ogni caso l'assenza mi preoccupa. Dopo pochi minuti che è andato via, primo problema. Un faro non ha più il vetro. Riparto per l'officina. Mi dice che è caduto da solo ed è andato in mille pezzi e ci può stare perché è successo anche a me più di una volta con fari vecchi, ma poteva dirmelo. Aveva parlato di luci e non avevo capito, ma poteva mostrarmi il faro. Ho il ricambio e me lo monta. Mi tengo il faro senza vetro che all'occorrenza potrebbe fare comodo visto che adesso non ho più quel pezzo. Mi faccio un altro giro di prova, ma ormai è buio e torno in hotel. Domani farò un test più serio, ma ancora non abbandonerò Lahore.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 53 – 31 Dic 2019
Stamattina effettivamente trovo Amir già al lavoro.
Giornata ancora più fredda e nebbiosa. Parto per un lunghissimo giro in tuk-tuk. A 30 chilometri c'è Bahria Town in cui è stata ricostruita la Tour Eiffel. Non so se in scala 1 a 1, ma di certo è gigantesca con tanto di ascensore centrale. Non mi posso avvicinare perché è tutto transennato. Questa sera qui sarà festeggiato in pompa magna il nuovo anno con profusione di fuochi d'artificio. Resto il tempo di qualche scatto a questa autentica stranezza.
La cosa interessante è invece il luogo. Ci sono varie Town come questa nella periferia di Lahore, una specie di urbanizzazione come Milano due o tre. Hanno gli ingressi controllati ed il livello dei palazzi, dei negozi e dei locali è sensibilmente più alto che in città. Anche qui i benestanti preferiscono mantenere le distanze da ciò che li rende tali.
Un lunghissimo assiderato trasferimento in tuk-tuk di una sessantina di chilometri mi porta all'altro capo della città per un complesso di tombe del 1600 di cui il mio autista, che per oggi ho monopolizzato, non conosce minimamente l'esistenza.
L'enorme Caravanserraglio di Akbar con le sue ben 180 stanze disposte a formare un quadrato intorno ad un immenso splendido cortile con secolari contorti fotogenici alberi, è il punto d'ingresso per il Mausoleo di Jehangir.
Il luogo è pieno di vispi scoiattoli ed uno si sta deliziando con un chupa-chupa abbandonato da qualche bambino.
Un altro bel giardino ben tenuto fa arrivare ad una costruzione al cui interno c'è la lineare tomba in gradevole marmo intarsiato.
All'estremità opposta del caravanserraglio la Tomba del fratellastro Asif Khan è in pessimo stato di conservazione e solo qualche frammento di colorata decorazione ne fa comprendere la passata bellezza.
Ad un centinaio di metri, passando per un mercato affollato di gente ed animali, la Tomba di Nur Jahan dello stesso periodo è in ristrutturazione ed i confini cintati del sito sono assediati dalle case del quartiere.
Tornando all'hotel faccio un salto dall'Ammiraglia che, ripulita e con il motore già parzialmente montato, mi fa sperare in un 2020 ancora alla sua guida. Ma mi impongo, ed a ragione visto il livello dei problemi, di non credere nella resurrezione nemmeno ai primi incerti passi dell'ancora ipoteticamente rinnovato veicolo, ma solo dopo almeno duemila chilometri percorsi senza ricadute dal mio Lazzaro.
Del capodanno mi interessa solo che Amir sarà al lavoro.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 52 – 30 Dic 2019
Di Amir e della sua rassicurante certezza nessuna traccia. Sta lavorando per me, almeno spero. Il conducente del tuk-tuk di oggi non sa nemmeno dell'esistenza della Moschea di Wazir Khan mio punto di partenza nell'esplorazione di oggi. Non si fida delle mie indicazioni e dopo avermi erroneamente portato alla moschea vista ieri chiede ad un poliziotto e finalmente si convince che la strada che gli dicevo di seguire è corretta. Deve lasciarmi distante dall'ingresso perché non può entrare nella città vecchia in cui si trova la moschea.
Qualunque bazar, casba, suk io abbia visto fino ad oggi non può minimamente essere paragonato al luogo in cui entro ed in cui immediatamente mi perdo. Innanzitutto è una piccola cittadina e puoi percorrere decine di chilometri senza mai ripassare per lo stesso luogo, sempre ammettendo che arrivandoci da un altro lato uno sia in grado di riconoscere di esserci già stato. In molti vicoli, sempre gremitissimi di negozi di ogni specie, due moto fanno fatica a passare. Entrato da uno degli ingressi a nord, dopo qualche centinaio di metri trovo tutto sbarrato e non so più dove andare per proseguire, chiedo e mi viene indicata una scala che mi fa scendere di un livello. Ero quindi entrato da una strada che dopo poco, con l'abbassarsi del terreno, si era trasformata senza darne avviso in alcun modo, in un primo piano senza più sbocchi. In un turbinio di voci, odori, alimenti, oggetti, fuochi, grida, colori, animali, moto, carretti a mano e soprattutto gente, faccio fatica a mantenermi lucido e solo grazie alla mappa ed al gps arrivo alla prima moschea di oggi annegata in questo putrido ed umido inebriante ammasso liquido. Immagino con un brivido cosa possa diventare questo luogo con temperature intorno ai quaranta gradi. La moschea di Wazir Khan ed il suo cortile, da affrontare anche qui con le sole calze, sono un'oasi di relativa pace incastonata tra cadenti ammassate costruzioni. Un ragazzo approfitta delle fontanelle per un gelido shampoo. Nell'area di preghiera qualcuno dorme per terra avvolto in un sacco.
La gente è sempre cordialissima e, a dispetto delle negative impressioni che il luogo certamente può dare, dopo un po' cammino tenendo senza paura la grossa macchina fotografica in mano. Alcuni mi chiedono di far loro una foto. Ogni tanto qualche cadente elegante palazzo in cotto apre uno squarcio su uno dei mille passati di questo luogo. L'elettrificazione, enormemente più recente della pianificazione urbana, non ha trovato spazio che in strada precariamente ed inestricabilmente appesa.
Alla Moschea Sunehri, più piccola ed ancor più confusa in questo labirinto, per la prima volta in vita mia vedo un muezzin, non affacciato dall'alto di un minareto ma al caldo. Davanti ad un microfono diffonde una preghiera che si disperde confusa tra i vocianti vicoletti.
Esco da questo luogo al limitare del parco visitato ieri ed alcuni cocchieri a riposo in questo lunedì privo di gitanti si prestano ad una foto.
Di Amir nessuna traccia. A sera viene a trovarmi in hotel per farmi vedere il pistone nuovo e la testata levigata e priva di imperfezioni. A questo punto pare abbia tutto per rimettere in sesto l'Ammiraglia. Resto comunque devoto a San Tommaso.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 51 – 29 Dic 2019
Domenica. Qui è tutto aperto sempre e comunque, probabilmente sono solo gli uffici a chiudere. A piedi mi dirigo verso l'officina. I contrasti esasperati di questo luogo sono ciò che più colpisce il mio sguardo straniero. Questi cassonetti non distanti dall'hotel in cui vedrò sempre qualcuno frugare, sono svuotati ogni mattina ed anche l'area intorno è ripulita, ma ogni sera tornano ad essere sommersi da una inarrestabile puntuale marea.
Mi dicono che Amir è in giro per il pistone. Mi devo dare una svegliata, tanto non cambia nulla. Una delle più affollate città del mondo con più di 11 milioni di abitanti è a mia disposizione e non ho al momento problemi di tempo. Inizio con la Moschea Badshahi. Il tempo resta sempre nebbioso e freddo. Nei tuk-tuk le porte del guidatore non esistono e quindi non ti salvi dall'aria gelida che ti colpisce in pieno e ti avvolge.
Davanti alla moschea giovani di tutte le età giocano a cricket, sport nazionale retaggio inglese. Il Pakistan ha una delle squadre più forti al mondo.
Devo fare un lunghissimo giro perché alla moschea si accede dal Forte di Lahore ed incrocio casualmente la bottega di un serissimo barbiere senza bottega.
Occorre entrare dal Parco Iqbal che oggi è preso letteralmente d'assalto. Si accede da tornelli presidiati in cui vengono controllati gli zaini e si è perquisiti. C'è anche una piccola tenda in cui controllare le donne. È la prassi. In tutta la città può capitare di dover passare sotto un metal detector anche solo per entrare in un negozio. Ai due ingressi di un grande sottopassaggio stradale, ad esempio, sono stato sondato da poliziotti tramite un metal detector portatile. Il Parco è così esteso che ci sono un trenino e vari piccoli pulmini disponibili a pagamento. Per i romantici anche carrozze trainate da cavalli. I venditori ambulanti di cibarie ed i molti chioschi oggi incasseranno cifre consistenti.
Il Forte è grandissimo e contiene vari ampi padiglioni che incorniciano enormi cortili rettangolari con fontane asciutte al centro. Caratteristica comune di quasi tutto ciò che è visitabile a Lahore è lo stato di semiabbandono. A volte si notano cenni di ristrutturazioni assolutamente inadeguate nel numero e nella portata. L'effetto però, al netto della massa di gente che si aggira per lo più con l'aria da scampagnata, è affascinante e si riescono a percepire gli echi dei tramontati fasti.
All'ingresso della Moschea Badshahi migliaia di scarpe vengono incessantemente scambiate con talloncini numerati unica certezza di un ritrovamento altrimenti impossibile.
Non si possono indossare calzature in tutta l'area della moschea, compreso il gigantesco cortile. Quasi metà dei presenti ha i piedi scalzi, ma non sembra soffrire il contatto con il gelido antico usurato cotto. Qualche solitario seme tostato sfuggito alle fauci di un distratto visitatore mi fa fare un sobbalzo quando finisce sotto la pianta del mio inutilmente calzato piede. Per il resto il cortile sembra fortunatamente ben spazzato e privo di altri piccoli divertimenti per fachiri.
Ci sono varie coppie di sposi con relativa massa di parenti che si contendono le zone più fotogeniche e stavolta nel caos non arricchisco la serie delle foto di sposalizio.
In un'ala della moschea, in un lungo corridoio affacciato sulla folla con decine di fontanelle allineate in attesa di devoti piedi, il lavatoio è probabilmente il luogo meno frequentato e più mistico in questa mondana domenica alla moschea, forse ancor più del pur silenzioso e contrito scorrere di fedeli, a cui mi unisco, davanti alle non certe, ma solo attribuite reliquie di Mohammed Iqbal.
Stanco del bagno di folla mi riaffido ad un gelido tuk-tuk e la mente non più distratta resta bloccata sulle sofferenze dell'Ammiraglia. Trovo Amir che mi fa vedere in foto il pistone nuovo o costruito per me, non ho ancora ben capito, oltre a delle scanalature in un cilindro che costituiscono un altro problema non indifferente da risolvere. Ma come sempre non c'è mai nessun accenno di dubbio nel suo assicurarmi che si può riparare.
Approfitto per prelevare dall'auto alcune capsule di caffè che qui, a soli 180 metri di altezza sul livello del mare, ormai lontane dai turgidi trascorsi d'alta quota sembrano gli attrezzi di Siffredi dopo una dura giornata di lavoro.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 50 – 28 Dic 2019
Mi sveglio tardi, resto in hotel in attesa di Amir. Di girare non mi va per niente e poi chissà quanti giorni dovrò stare a Lahore. Ho tempo. Dopo aver vanamente atteso l'arrivo di Amir, nel pomeriggio vado personalmente all'officina. Io la chiamo officina, ma in realtà è qualcosa di completamente diverso. C'è un piccolo rivenditore di accessori auto che mette a disposizione di almeno cinque meccanici, che li condividono, i suoi attrezzi. Le auto da riparare sono posizionate sul piazzale davanti, poggiate all'occorrenza su bassi supporti che le tengono sollevate inclinandole dove necessario. Non esistono elevatori meccanici e credo di non averne visto nemmeno uno nelle migliaia di meccanici osservati al limitare di qualunque centro abitato già a partire dall'est Turchia. Al massimo hanno delle profonde buche sopra le quali viene posizionata l'auto, esattamente come ricordo da noi molti decenni fa. Perciò i clienti arrivano ed un meccanico libero si occupa del guasto. Chiaramente non è una costante e ci sono anche molti meccanici che possono permettersi attrezzi ed officina propri.
Notizie che mi preoccupano sempre di più. Non si trovano pistoni della misura giusta. Avevo purtroppo ragione ad essere dubbioso. Amir continua però a dire che può fare la riparazione. Chiaramente adesso non si parla più di rifare il motore, ma di sostituire l'unico pistone rotto. Mi dice che lo stanno facendo fare apposta e che stasera lo avrà. Mentre parliamo un tizio ben vestito parla al telefono e contemporaneamente spolvera l'Ammiraglia per leggere marca e modello. Si avvicina e tramite uno dei presenti che si sta incaricando di tradurre in Inglese per me quello che dice Amir, mi informa che sarebbe interessato all'acquisto. Mi metto a ridere incredulo e gli dico che non ho affatto intenzione di venderla. Riflettendoci poi, mi dico che forse questo è al momento l'indizio più rassicurante sull'effettiva possibilità di rimetterla in circolazione.
Un altro giorno si avvia alla fine. Vedremo se domani la situazione cambierà nuovamente, come fino adesso è successo, in conseguenza di nuovi sviluppi della trama.
Ero assolutamente cosciente del fatto che avrei avuto questo tipo di problematiche ed adesso sto realmente mettendo a dura prova le convinzioni, che mi hanno indotto a partire, sulla possibilità di un'auto come l'Ammiraglia di poter essere rimessa in sesto in qualche modo. Certo avrei preferito iniziare con qualcosa di meno grave.
Faccio un giro più per noia che per l'effettiva necessità di trovare un cambia valute. A parte una vicina piccola interessante strada disastrata e sporchissima dove si ammassano negozietti di ogni genere accanto alla quale c'è il meccanico, al di là di un grande vialone nel cui spartitraffico è posizionata una schiera di pannelli luminosi che instancabilmente trasmettono pubblicità, è un susseguirsi di tristi luccicanti lussuosissimi hotel, mall, ristoranti e grandi negozi di marche anche occidentali. Ci passeggio in mezzo come farei in qualunque altro luogo simile, tristemente e disperatamente curioso di trovare qualcosa di interessante. Entro perfino in una pizzeria a due piani super moderna con decine di camerieri in divisa ed ordino una pizza al bbq solo per eliminare almeno per stasera il problema cena e non essere costretto a mangiare in camera il comunque ottimo pasto che ordino all'hotel. Fortunatamente ho ancora da pubblicare e scrivere degli ultimi giorni passati nella serena esplorazione delle nascoste parti certamente migliori ed immensamente più importanti e vere di questo mondo sconosciuto.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 49 – 27 Dic 2019
Vado innanzitutto dal meccanico e trovo già il motore totalmente smontato e lo spettacolo dell'Ammiraglia così profanata mi rattrista enormemente. Il danno è il peggiore possibile. Un pistone ha la fascia di guarnizione rotta ed è anche scheggiato e danneggiato. Si parla quindi di necessità del nuovo e non più di riparabile. Diciamo che devo praticamente rifare il motore. Ero preparato mentalmente a questa possibilità. Continuano a ripetermi che è possibile trovare i pistoni nuovi ed altro, ma sarò tranquillo solo dopo che li abbiano trovati, che l'Ammiraglia riprenda a cantare e che continui a farlo per qualche migliaio di chilometri. Purtroppo non ho con me l'albero a camme che avevo trovato in Germania, ma non acquistato, e che sarebbe meglio sostituire. Peccato, ma vediamo prima se trovano i pezzi. Mi riparlano di soldi, non capisco bene, ma è ovvio che la cifra sarà eventualmente diversa dai 250 euro prospettati. Continuano a parlare di 5 giorni per fare tutto. Sarà.
Mi devo recare all'ufficio governativo dove estendere il visto che mi scade il 31 Dicembre. Non distante. Vado a piedi per cominciare a prendere confidenza con il luogo in cui passerò certamente vari giorni. Ad ogni passo farei mille foto e mille domande, ma non ho lo stato d'animo adatto. Solo un venditore di “calia e simenza“ che viene tostata nella sabbia incandescente, con il suo richiamo alla natia Sicilia, mi fa estrarre la Leica per uno scatto veloce.
Mentre passo davanti alla banca in cui so di dover pagare la quota ancora ignota necessaria per ottenere l'estensione, il mondo che al mio sguardo estraneo sembra una totale analogica disorganizzazione mi chiama richiamato proprio dalla mia estraneità. Un addetto davanti alla banca ha i moduli da compilare per il potenziale pagamento e mi aiuterebbe se già sapessi la cifra necessaria. Mi viene in mente il primo incerto e preoccupato approccio con la linea aerea interna in Tanzania in cui la gestione dei voli avveniva solo con il cartaceo e che dopo vari cambi aereo coordinati al secondo e fatti direttamente sulla pista con tanto di velocissimi e perfetti trasferimenti di bagagli, godette della mia incondizionata fiducia che non risultò mai malriposta.
All'ufficio per stranieri ho la buona notizia che, a differenza di quanto mi era stato detto dall'agenzia pakistana di Gilgit, la data di fine validità del visto si riferisce all'ingresso nel paese e quindi ho a disposizione più di un mese ancora dato che il mio ha una durata di 45 giorni. Ho tempo. A sufficienza. Un po' rinfrancato osservo questo pianeta sconosciuto con maggiore attenzione mentre torno in albergo.
Una adorabile gatta, nel caos, nella polvere e nella precaria pulizia della strada, non cede a quanto gli sta intorno e, dopo aver coscienziosamente fatto una piccola buca per i suoi escrementi, la ricopre con cura nascondendoli alla vista ma soprattutto all'olfatto dei rivali nel territorio. Seppur con immensa difficoltà, i gatti sopravvivono certamente meglio dei cani probabilmente tollerati per via della loro funzione derattizzante.
Nel pomeriggio torno dal meccanico. Non hanno trovato i pistoni in due posti, ma stanno cercando da un rivenditore che asseriscono abbia accesso a qualunque cosa si trovi in Pakistan ed ai miei dubbi risponde facendomi vedere una suzuki giapponese che hanno riparato, ma è molto più recente ed il marchio qui è comune e quindi la cosa non mi tranquillizza per niente. Torno in hotel ed a sera Amir, il meccanico, mi viene a trovare e l'unica cosa che mi sembra di capire è che hanno trovato i pistoni e domani pomeriggio mi viene a prendere per portarmi in officina. Ma ci crederò solo quando sarò di nuovo alla guida. Intanto è passato un giorno.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 48 – 26 Dic 2019
Santo Stefano in una città considerata sacra dai pakistani credenti, come ho appreso durante una sosta ieri dall'unico che parlava perfettamente inglese dei molti che mi si sono avvicinati durante una sosta. Pare che dal nord in molti si muovano alla volta di Multan per visitare i suoi luoghi sacri. Dopo un veloce check all'Ammiraglia, mentre sto per lasciare l'hotel per un giro in città, mi fermano alla reception e mi dicono che posso uscire, ma solo accompagnato da uno della loro sicurezza. La mia reazione è solo di rabbia e chiedo loro perché ieri sera non mi abbiano informato. Furibondo decido su due piedi di lasciare l'hotel e Multan alla volta di Lahore, non ne posso più di scorte. Con l'Ammiraglia faccio comunque un giro in città. La situazione caotica sulle strade non è razionalmente compatibile con un semplice parcheggio e seguente visita dei luoghi che avevo in mente e che, almeno dall'esterno, non mi sembrano granché. Mi dirigo verso l'autostrada e fortunatamente, capirete tra poco perché, rinuncio anche a tornare indietro per una visita ad un mausoleo 130km a sud saltato ieri per mancanza di tempo. La nebbia è ancor più densa e compatta di ieri.
Faccio il pieno e noto che l'Ammiraglia non regge il minimo ed appena si abbassano i giri del motore si spegne. Strano, ormai ho fatto vari chilometri ed il motore non è più freddo. In autostrada sento che la già poca potenza dei vecchi 1100cc è sensibilmente più bassa del solito. Mi fermo e per tenere il motore accesso devo aprire abbondantemente l'aria. Qualcosa non va di sicuro. Tolgo il tappo del filtro dell'aria e vedo olio dappertutto. Ci siamo. Ecco il primo problema serio. Contatto il mio meccanico tramite Whatsapp. Sta in Cile in viaggio di nozze e mi consiglia intanto di staccare il condotto che va dal tappo dell'olio al filtro dell'aria per non continuare a mandare olio nel carburatore. Mi dice le possibili cause e nessuna è di semplice riparazione. Mi mancano duecento chilometri a Lahore e devo assolutamente arrivarci. L'Ammiraglia non si è mai fermata per strada nemmeno con le fasce rotte e, aggiungendo ogni tanto olio che adesso si sparge sull'asfalto senza fare altri ulteriori danni, entro in città. Con l'aria completamente aperta per non far spegnere continuamente il motore nel traffico mi reco all'Hotel 12J. Pur con una situazione totalmente diversa dalle altre città pakistane, vedo per la prima volta semafori e vigili, ci metto più di un'ora. Niente camere libere. Un gentile tizio che parla inglese e si trova lì per delle foto alle camere da inserire sul suo sito in cui è possibile prenotare online, mi accompagna a piedi ad un hotel vicino anch'esso gestito da lui e mi assicura che è buono e mi farà avere un buon prezzo. Non mi piacciono né le camere né il buon prezzo. Mentre torniamo, in un altro anonimo hotel dei tanti in zona mi fermo io autonomamente ed il prezzo è da furto rispetto alla qualità delle camere. Mi rassegno a ripartire con l'Ammiraglia, ma prima su booking online ne voglio vedere altri. Scopro così che il 12J, nel cui parcheggio sto facendo la ricerca, ha su booking 3 camere libere. Alt! Torno alla reception e mi dicono che non è possibile e mi invitano ad andare avanti nella prenotazione che sarà certamente bloccata successivamente. Completo la prenotazione che in più è non rimborsabile. Ed adesso come la mettiamo? Faccio vedere la conferma. Vanno in crisi. Telefonata al proprietario e dopo gran confabulare e controlli online viene fuori la camera. Miracoli del web. Pure ad un prezzo per qui più che buono di 17 euro circa. Ho finalmente un punto di riferimento. Scarico l'auto per adesso dei soli bagagli, come sempre. Meccanici? Uno a duecento metri. Vado. Capisce al volo di che si tratta. Ok, possibile. Mi chiedono 250 euro per l'intervento. No problem, ma so benissimo che se non aprono il motore la fattibilità ed il costo sono solo dialettica. Scarico tutto il possibile nella camera che fortunatamente è ampia perché da tre posti. L'Ammiraglia stanotte non l'avrò sotto la finestra.
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gianlucavasta
Jun 02, 2020
-------------------------------------------- Giorno 47 – 25 Dic 2019
In un anonimo e qui sconosciuto giorno di Natale mi separo dai casuali compagni di viaggio. L'hotel ha comunicato di noi alla polizia che, prima dice di aspettare per scortarci per i non più di 5 chilometri che mancano alla città, poi cambia razionalmente idea. Siamo finalmente liberi. I Bulgari hanno trovato su internet dei rivenditori di ricambi auto e si avviano per primi. Gli olandesi non hanno programmi ed io decido di dirigermi verso Multan. Dopo poco, per la prima volta da solo in Pakistan, imbocco la principale modernissima e recente arteria autostradale del paese che qualche ideogramma che vedo mi fa supporre costruita con il supporto cinese. I rapporti tra i due confinanti paesi devono essere al momento ottimi. La ragazza con gli occhi a mandorla, entrata con me dall'Iran, non aveva avuto necessità di visto.
A velocità di crociera viaggio a circa cinque metri d'altezza rispetto alla campagna circostante. Un terrapieno, interrotto da piccoli sottopassaggi che mettono in comunicazione i due lati altrimenti irrimediabilmente separati, è la base per otto vuote ampie corsie, quattro per ogni verso di marcia compresa quella d'emergenza. Le nuove, poco fantasiose, tutte assolutamente identiche e già completate aree di servizio sono ancora chiuse e solo in un paio ci sono dei furgoni per un veloce pasto, la moschea aperta ed i bagni. Per il rifornimento occorre uscire ai caselli e poi rientrare. I biglietti all'ingresso e la riscossione del pedaggio non sono compito di freddi marchingegni che ti salutano con un metallico e chissà perché solo femminile “Arrivederci”, ma affidati a sorridenti addetti che calorosamente mi augurano buona permanenza in Pakistan ed a volte mi intrattengono in lunghi tentativi di dialogo. Pochissimi conoscono l'inglese.
Costi non paragonabili a quelli italiani, ma nemmeno indifferenti. Per 400 chilometri pago un totale poco superiore ai 10 euro. In ogni caso mi è ormai evidente che i prezzi degli hotel sono mediamente alti, la benzina è poco sotto l'euro al litro e l'economico Iran è ormai un ricordo.
La giornata è padanamente nebbiosa, situazione che resterà pressoché invariata.
Dopo queste necessarie e relativamente interessanti informazioni, veniamo a ciò che invece noto quasi subito ed è totalmente inaspettato ed incredibilmente fruttuoso.
A ridosso della ininterrotta alta rete metallica che corre parallela all'autostrada e che separa due mondi e due tempi lontanissimi tra loro, come impresso su una infinita pellicola, scorre e mi si apre senza veli o interferenze dovute alla mia stessa presenza indagatrice il Pakistan rurale al quale certamente non avrei possibilità di accesso alcuno nemmeno rimanendo qui per mesi. Mi è regalato uno sguardo sopraelevato, privilegiato e soprattutto spesso nascosto nella sua vera portata ai soggetti, che mi fa entrare, grazie ai mezzi fotografici che ho con me, totalmente dentro la vita quotidiana dei campi e delle case dei contadini e delle loro famiglie. Un Pakistan che penso precluso anche agli stessi pakistani dei centri abitati. Dopo un inizio scoraggiante in un paio di piccolissimi villaggi dove la vita si svolge tra i rifiuti, scopro la pulizia oltre che la serenità della campagna i cui sparsi, ma non isolati, occupanti vivono apparentemente in pace con il mondo e con se stessi una certamente povera e dignitosa vita. Una delle poche costanti moralmente negative è la visione del lavoro che è quasi solo femminile con poche eccezioni. A volte gli uomini, che qualche volta controllano e sovraintendono, hanno in mano delle robuste verghe che mi fanno pensare a sferzate di incitamento che spero siano solo nella mia fantasia.
La descrizione delle singole foto della lunga sequenza che segue la lascio ad un lettore che spero attento ai mille particolari più o meno evidenti che evito di sottolineare in modo che ognuno possa coglierne di suoi. Unica nota la riservo alla foto dei bambini che giocano “outside the wall” i quali alla vista del lungo teleobiettivo che fuoriesce dal finestrino, dopo che ho fatto solo un paio di scatti, scappano precipitosamente quasi tutti verso le case alle loro spalle. Una reazione totalmente inaspettata che mi sorprende immensamente e mi fa riflettere, assolutamente identica a quella dei tanti uccelli che casualmente incontro, inconsapevoli del mondo al di fuori delle loro istintive necessità.
Alla fine di questa intensa giornata che da sola, almeno per me, costituirebbe motivo di visita del Pakistan, mi avvio verso l'hotel che dopo una ricerca su internet mi ha convinto maggiormente. Il traffico continua ad essere totalmente incontrollato ed incontrollabile, solo impercettibilmente meno infernale che a Quetta.
All'arrivo un'amara sorpresa, anche a Multan e nel sud del libero e sicuro Punjab in cui sono adesso, solo pochi hotel possono accogliere stranieri. Vengo indirizzato quindi verso il Bling Hotel in cui accetto forzatamente una camera a circa 32 euro a notte. Vorrei rimanerci comunque due notti per visitare la città e qualcosa nei dintorni. Mi dicono che con il buio non posso uscire, ma questo non è un problema.
-------------------------------------------- Giorno 67 – 14 Gen 2020
Mappa del viaggio
Riprendo l'auto dopo giorni. Vado alla Ford e, a parte l'enorme interesse che suscita l'Ammiraglia, non mi possono aiutare. Devo sottolineare come, ad eccezione dell'amico Sikh, al momento la sensazione è che non ci sia la diffusa, a volte esagerata per i miei occhi occidentali, disponibilità incondizionata trovata in Iran e Pakistan in cui immediatamente quasi tutti interrompevano qualunque cosa stessero facendo e, se non potevano risolvere il problema, coinvolgevano altri. Qui alla Ford ad esempio, non pensano nemmeno a provare a fare qualche telefonata, semplicemente non hanno ciò che cerco e la questione finisce lì. Però è ancora troppo presto per trarre conclusioni e soprattutto sono in una città, cosa da non sottovalutare.
Mr.Sandhu mi ha invitato a visitare il villaggio dove vive la sua famiglia, non lui, da varie generazioni. È il Punjab rurale e chiaramente accetto. Inizialmente ci fermiamo in un negozio di dolciumi dove mi cita i nomi di ogni specialità. Di una, già assaggiata in Pakistan, ne prendo un po' ed ovviamente mi viene offerta. Ieri Mr. Sandhu, dopo essersi reso conto durante una discussione del fatto che sui Sikh ne sapevo un po' e mi interessava saperne di più, mi ha regalato un libro sul Punjab e le sue tradizioni, in inglese ovviamente. A pochi chilometri da Amritsar, dopo esserci prima fermati in aperta campagna dove mi mostra i suoi terreni, iniziamo il giro. Il concetto di nucleo familiare è quello nostro di un secolo fa e comprende anche figli e nipoti dei fratelli e delle sorelle dei propri nonni. Entriamo in una fattoria isolata fuori dal villaggio che era quella dei nonni. In questa stagione ci si riposa, si comincerà a lavorare seriamente la terra in Aprile. C'è un gran silenzio a cui mi sto sfortunatamente disabituando. Si sentono solo gli strepiti di molti pappagalli che svolazzano sopra di noi.
Qui iniziamo anche la sequenza di tazze di tè e dolcetti fatti in casa che assolutamente è impossibile rifiutare. L'Italia delle campagne di 100 anni fa non era molto diversa, a parte i pappagalli. Hanno anche un trattore. L'acqua arriva da pozzi profondi più di cento metri ed adesso le pompe sono elettriche. Passiamo accanto a delle case che, sempre comunque all'interno di grandi spazi cintati, sono lussuose. Indago. Sono comunque contadini, anche se ricchi, che si sono fatti costruire le case da architetti. Avevo pensato a gente di città che, come da noi, possiede case dove passare il fine settimana, ma qui questo fenomeno è totalmente assente. Per costruire una casa non occorre alcun permesso e non ci sono vincoli, basta possedere il terreno e ci fai sopra quello che credi.
Ci spostiamo al villaggio che ha circa 3000 abitanti. In cielo decine di aquiloni oggi possono librarsi altissimi in una fuga concessa, ma controllata da ragazzi che abilmente ne muovono avanti e indietro il filo. Lo spettacolo non è però fotograficamente interessante proprio per le elevatissime quote e le conseguenti minime dimensioni.
Incitato a provare prendo in mano la sottile, ma robusta lenza ed immediatamente sento uno strattonare deciso in cerca di fuga. Questa sensazione tattile dimenticata mi catapulta a quasi cinquant'anni fa quando, su un piccolissimo canotto in cui a malapena entravo io e qualche secchio con le esche, ero solito allontanarmi nell'assolato pomeriggio estivo di lunghe giornate di mare dagli scogli di Acicastello per pescare con la lenza a mano. Gli strattoni degli ingannati pesci mi gridavano la stessa richiesta di libertà. Con quello stesso canotto, senza dire niente a nessuno, un giorno mi misi in solitario viaggio sospinto da due striminziti remi verso i Faraglioni di Acitrezza che in lontananza già da parecchio tempo mi avevano fatto sognare l'impresa. Qui adesso, questo ritrovato sperduto ricordo mi dice che in fondo non sono cresciuto per niente e che la vita in mezzo non mi ha cambiato se non nell'aspetto. Allora l'avventura finì ad un passo dalla meta quando spaventato dal sole ormai basso più che dai sicuri scapaccioni, tentai un ritorno reso impossibile dal vento contrario che respingeva la mia prima Ammiraglia. Mi vennero a recuperare in macchina, non ho ricordo delle punizioni che certamente ricevetti, ma solo dell'iniziale euforia. Spero che i cinquant'anni trascorsi mi servano almeno nel riuscire a tornare indietro da solo.
Un po' tutti conoscono Mr. Sandhu e ci salutano prima toccando il nostro ginocchio, cosa che li costringe ad un inchino, poi a mani giunte ed infine con una stretta di mano, ma quest'ultima più che altro a me che la offro. È la maniera locale di mostrare rispetto. Mr. Sandhu non tocca il ginocchio a nessuno, anche tra i Sikh le differenze esistono. I nuclei familiari che, tra mille selfie e foto con me al centro, riesco anch'io a fotografare comprendono un arco di età che va dai 2 fino almeno agli 80 anni. Il mio viaggio in solitaria penso che qui sia impensabile, oltre la fantascienza e Mr. Sandhu non si stanca di raccontarlo a tutti. Più che una celebrità mi sento come un animale esotico in esposizione.
Molti possiedono mucche, cosa impossibile per un hindu, e la mattina alle quattro in moto vanno a vendere il latte in città. Fotografando una macchina che trita manualmente il foraggio mi sento parte di un'altra epoca.
In una casa mi mostrano orgogliosi una piccionaia. Questi volatili vengono allevati al solo scopo di farli gareggiare e le scommesse al riguardo sono cospicue. Vengono rilasciati contemporaneamente e vince quello che per ultimo ritorna a terra. Pare che i migliori restino in volo ininterrottamente per oltre 12 ore.
Tornati all'ufficio pranzo insieme agli altri e trovo ad aspettarmi il foglio dell'assicurazione. Ho una ulteriore conferma del fatto che non pagherò nulla in autostrada. Mr. Sandhu mi mostra l'ennesimo regalo, un lungo tessuto di cotone che mi fasciano sulla testa. Risate e selfie a raffica. Devo dire che portato sempre mi annullerebbe il problema della calvizie, ci farò un pensierino. I Sikh si preparano il turbante ogni mattina da soli mettendoci dai 2 ai 5 minuti.
Saluto tutti e lascio un po' a malincuore, ma con l'augurio reciproco di rivederci, questa persona che non poteva farmi iniziare meglio il lungo, spero, viaggio in India e Nepal. Data l'immensità, al momento è come se avessi solo dato uno sguardo fugace attraverso lo spiraglio di un grande ed intarsiato massiccio portone.
La giornata si conclude con un po' di wildlife dalla finestra dell'hotel.
-------------------------------------------- Giorno 66 – 13 Gen 2020
Mappa del viaggio
Piove a dirotto e tuona. Vado all'ufficio di Mr.Sandhu che mi ha organizzato un incontro con il suo amico della Oriental Insurance che mi fa una assicurazione per l'Ammiraglia per sei mesi valida anche in Nepal. Costo circa 50 euro. Domani ho il documento. Apprendo che dal 15 Gennaio sulle autostrade non si potrà più pagare in contanti, ma occorre ottenere ed installare un Telepass, ci mancava pure questa. Mr.Sandhu cercherà di aiutarmi anche in questo. All'hotel mi dicono però che gli stranieri possono circolare liberamente senza pagare nulla. Devo ancora avere conferma.
Non ho la minima intenzione di avventurarmi nel diluvio e resto in stanza uscendo solo per cenare con della carne di pollo. Sono giorni che mangio vegetariano. Ieri perfino il McDonald nella zona del Tempio aveva solo hamburger vegetariani.
I negozi sono oltretutto quasi tutti chiusi perché oggi in Punjab è la festa degli aquiloni. Nei giorni scorsi ne ho visti parecchi che si libravano altissimi rendendo impossibile vederne sia il filo, sia tantomeno il luogo da cui erano controllati. Dei puntini morbidamente svolazzanti come dotati di vita propria. Oggi con questo diluvio chiaramente non ce ne sono, forse domani.
-------------------------------------------- Giorno 65 – 12 Gen 2020
Mappa del viaggio
Verso le dieci e mezza vado da un rivenditore di parti auto aperto anche oggi che è domenica e faccio vedere il mio filtro dell'aria. Niente, mi dice di provare a Delhi. Per i cerchioni ci sarebbero anche, ma di alluminio e non mi fido, potrei spaccarli ed allora sì che sarebbero dolori.
Nuovamente al Golden Temple.
A piedi si percorre una bella strada piena di negozi e bei palazzi, gremita ogni giorno di fedeli.
Nel tempio tutti senza distinzione devono entrare a piedi nudi, senza calze, e con il capo coperto. Già a varie centinaia di metri dall'ingresso si è assediati da chi vuole vendere degli scarni e plasticosi fazzolettini arancione da mettere a mo' di bandana, ma basta coprirsi il capo con qualunque cappello o cappuccio.
Sul lungo percorso di avvicinamento si possono incontrare alcuni guardiani Sikh del tempio che controllano che le persone non abbiano atteggiamenti ed abbigliamento sconveniente. Con scimitarre o lance sono riconoscibilissimi perché vestiti di blu, notevolmente fotogenici e serissimi. All'interno del tempio, in cui non è possibile fare riprese video, li ho visti più volte chiedere di vedere cosa si è appena registrato con gli smartphone. Ieri una ragazza ha dovuto cancellare un selfie in cui si era fotografata a capo scoperto.
Prima del tempio la folla si accalca in un altro dei luoghi famosi di Amristar che aspettavo di vedere. Il Jallianwala Bagh è un ampio spazio, chiuso completamente dai muri in mattoni delle case circostanti e con solo un piccolissimo accesso largo non più di un metro e mezzo. Fu il teatro di una delle pagine più buie della storia militare Inglese risalente al periodo in cui Gandhi sollevò la nazione contro l'occupazione, unico esempio nella storia di lotta vinta senza utilizzare la violenza oltretutto contro una delle più forti potenze mondiali. L'episodio è stato ottimamente ricostruito da R.Attenborough nel film Gandhi. Su una folla totalmente inerme che protestava pacificamente, fu ordinato di aprire il fuoco e, senza alcuna via di fuga, furono massacrate 1500 persone comprese donne e bambini. A suo tempo sollevò lo sdegno dell'opinione pubblica mondiale. Il parco, in questo momento, è un enorme cantiere. Sono visibili i muri in cui si vedono i fori provocati dai colpi sparati ad altezza d'uomo ed un monumento che dovrebbe rappresentare proprio una pallottola. Il flusso di visitatori, peraltro poco contriti e molto alla ricerca di selfies, non ha pause.
Proprio sotto le mura del tempio oggi è organizzato un punto per la donazione del sangue. I volontari sono distesi su tavolacci e le sacche che si riempiono sono poggiate su semplici bilance da cucina che ne registrano la quantità.
Consegno scarpe e calze ricevendo un prezioso numeretto in acciaio ed entro nel tempio. La folla è impressionante.
L'enorme vasca quadrata ha grandi gradini che portano all'acqua coloro che vogliono bagnarsi in queste acque credute curative ed è circondata da un grande colonnato e da un ampio percorso. Prima di entrare tutti devono mettere i piedi dentro una piccola vasca con l'acqua alta pochi centimetri. Sulle scale, in marmo come tutto il complesso, delle fitte griglie in plastica dura, utili per evitare fatali scivolate, sono l'unica cosa che da veramente fastidio ai piedi nudi.
Nella vasca nuotano, a pochi centimetri dai devoti immersi, grossi e colorati pesci. Nonostante i cartelli più d'avviso che di divieto, ieri ho visto un Sikh che dopo l'abluzione ne ha mandato giù un bel sorso.
Fuori dal quadrato, ma dentro il complesso, è allestita e permanente la mensa comune in cui chiunque, anche io, si può sfamare gratuitamente. Le dimensioni e quello che vi si svolge costituiscono uno spettacolo che non esito a definire più interessante del tempio stesso. Si stima che siano serviti 100.000, sì ho scritto bene, pasti al giorno e vedendola di persona non faccio fatica a crederci. La mensa è il luogo dove i Sikh mettono in pratica i principi di uguaglianza, mangiando tutti insieme in terra in lunghe file in cui il ricco è al fianco del povero, e di condivisione, donando denaro a degli sportelli e soprattutto partecipando tutti insieme, a centinaia dandosi il cambio, al lavaggio in lunghe vasche in cui altri volontari scaricano senza sosta i piatti d'acciaio sporchi.
Con delle lunghe catene umane i vassoi sporchi vengono portati dal punto raccolta al lavaggio.
I saloni dove si mangia sono grandissimi. Ne ho visto riempirsi uno che conteneva almeno 6-700 persone in una decina di minuti. Appena ci si siede passano vari addetti che versano nei vari scomparti il mangiare. Al riempimento la sala è chiusa ed i commensali devono mangiare celermente e poi portare i vassoi al punto raccolta. In poco tempo la sala è di nuovo libera e pronta per un altro turno.
In altre zone viene distribuito il tè e le ciotole, sempre d'acciaio, sono pulite anche con la sabbia.
Mi aggiro per molto tempo nelle cucine tra schizzi d'acqua ed un fragore assordante di stoviglie che riesce a coprire il canto sacro diffuso dagli altoparlanti, una musica piacevole suonata dal vivo che accompagna costantemente la visita fin dalle lontane strade d'ingresso.
Mentre faccio scatti che presentano non poche difficoltà di vario genere, qualcuno mi offre da mangiare e qualcun altro mi invita ad unirmi al lavaggio comunitario, offerta che devo declinare perché dovrei essere abbigliato in un altro modo.
Lasciata la Guru-Ka-Langar, questo è il nome della mensa, arrivo all'inizio della passerella che conduce al tempio centrale in cui non è possibile scattare foto. Anche oggi rinuncio a questo bagno di folla in cui nessuno dei variopinti turbanti sarebbe in grado, se accidentalmente divelto, di toccare terra.
Stavolta le foto sono quantomeno corrette nel formato e mi avvio a concludere la giornata scrivendo di questi primi approcci all'India.
-------------------------------------------- Giorno 64 – 11 Gen 2020
Mappa del viaggio
Dopo una notte passata letteralmente al gelo chiedo di cambiare stanza e ne prendo una con finestra da cui entra il sole. È affacciata sullo strombazzamento costante, ma tanto sono settimane ormai che, per vari motivi, posso dormire solo con i tappi. Tre euro circa in più a notte.
Mentre rivado all'ufficio BSNL mi si attiva la sim, ma ormai sono arrivato. Sono tutti riuniti perché la figlia di uno di loro si sposa e Mr. Sandu è impegnato in un discorso celebrativo a cui tutti assistono in silenzio. Mi fa mettere accanto a sé e comincia a raccontare di me, del mio viaggio e di come ieri l'ufficio mi abbia aiutato. Sono un po' in imbarazzo dato che c'è anche l'applauso finale di benvenuto in India. Con una distribuzione di buoni dolcetti portati dal padre che sta per lasciare la figlia nelle mani di un altro uomo, l'assemblea si scioglie.
Qui ad Amristar c'è il luogo più sacro dei Sick, il Golden Temple.
Lunga visita ad un luogo incredibile e primo vero approccio con una delle mille sfaccettature dell'India. Non racconto qui nulla per un semplice motivo. Tornato in hotel e scaricate le foto mi rendo conto, purtroppo colpevolmente in ritardo, che al Centro Nikon di Lahore mi hanno cambiato il formato di scatto da NEF a JPG. Tutte le numerose foto sono da cestinare. Non ho un calendario, ma almeno due mesi di Santi li recito. Domani ci ritorno e ne vale la pena, ma certo è stato un bel colpo.
-------------------------------------------- Giorno 63 – 10 Gen 2020
Mappa del viaggio
Modifico la mappa fino ad avere il percorso tutto visibile e mi viene spontaneo un “cavolo”. A vederla da casa senza il tracciato della strada fatta non mi faceva lo stesso effetto. Ci sono, e con l'Ammiraglia.
Al Wagah border tra Pakistan ed India c'è un grande anfiteatro in cui ogni sera agghindati militari delle due nazioni fanno a gara ad attirare l'attenzione dei turisti durante la parata che precede la chiusura della frontiera. Dato che per me, ed anche per qualcuno di molto più importante, tutto è relativo, non sono fondamentalista in nulla e quindi nemmeno nella mia allergia verso tutto ciò che è militare. Sarebbe anche interessante, ma al momento non rientra nei miei piani e nemmeno nei miei orari.
Arrivo prima dell'apertura e devo aspettare un po', ma non ce ne sarebbe bisogno perché questo è il primo confine in cui non c'è nessuno. Qualcuno a piedi e soprattutto nessun camion. Tra le due nazioni da sempre non corre buon sangue ed il grosso problema dei confini nel Kashmir e Jammu annulla totalmente gli scambi. Velocemente completo l'iter pakistano. Mentre mi avvio verso i cancelli che mi faranno passare in India, viene verso l'auto un doganiere che, con espressione seria ma alla stesso tempo serena, mi dice qualcosa in un inglese che non comprendo. Penso di aver dimenticato qualcosa oppure che ho un ultimo controllo da superare, ma dopo vari tentativi capisco finalmente e con mia enorme sorpresa che mi sta dicendo di essere dispiaciuto del fatto che sto lasciando il suo paese. Sono veramente colpito. Non potevo avere migliore commiato da un difficile, ma affascinante Pakistan. Gli dico che probabilmente ripasserò ad Aprile o Maggio se il viaggio non si dovesse interrompere prima e ne è sinceramente rallegrato.
Un militare pakistano apre e richiude un pesante cancello dietro l'Ammiraglia, mentre contemporaneamente uno indiano con un cappello da ranger mi spalanca la porta di un nuovo pianeta. Quei pochi centimetri, come mi rendo conto quasi subito, segnano mille differenze ma anche molte similitudini. Innanzitutto rivedo le donne, ma non è da dimenticare che anche in India hanno i loro bei problemi. Su una scala un addetto sta spolverando le pale di un grande ventilatore. I grandi saloni in cui ci sono sportelli e non uffici danno una immagine di cura ed attenzione. Per la prima volta controllano anche il numero sul motore. Fortunatamente all'interno dell'Ammiraglia sbirciano solo e chiedono di spiegare il contenuto di qualche borsa, si vede che nemmeno a loro va di farmi scaricare l'auto per controlli più seri. In poco tempo entro in India.
Amritsar è una piccola città di più di un milione di abitanti. In questo paese, che è un vero continente, il concetto di grandezza è molto diverso dal mio. Dopo aver scaricato qualcosa nella gelida stanza dell'Hotel presa a 12 euro e che sembra accettabile e fornita di acqua calda, sono già in cerca di una sim e so che non sarà semplice. Ho letto che le compagnie telefoniche hanno diffusione limitata ad alcune regioni ed in altre lavorano in roaming, ma in questo campo le novità sono quasi giornaliere e mi consigliano la Jio che sembra abbia diffusione in tutta l'India. Dopo aver fatto almeno un paio di chilometri a piedi seguendo varie indicazioni sempre errate, fermo un tuk-tuk. Qui i tuk-tuk sono più grandi e moltissimi sono ricavati da un'Ape con una grossa scritta Piaggio dietro. Ci sono anche quelli trainati da moto, ma le novità sono quelli a pedale e soprattutto quelli elettrici. Il traffico è comunque caotico, i clacson sono potenti e sembra non esserci mai una pausa negli strombazzamenti. Il ragazzo mi dice di sapere dove portarmi ed inizia da un ufficio della BSNL, unica compagnia telefonica statale che è consigliata dalla Lonely Planet. Qui conosco Mr. Sandhu. Questo signore Sikh con turbante in testa sembra l'incarnazione dei dettami di uguaglianza, condivisione ed altruismo del Sikhismo ed Amritsar è la loro città più importante. È evidente che è un riferimento ed una guida per tutti gli altri nell'ufficio. Mr. Sandhu, che va ad aggiungersi alla lista delle persone splendide conosciute, mi offre un tè e verifica che abbia tutti i documenti necessari compresa foto tessera. Come indirizzo do quello dell'Hotel a cui telefona per la necessaria verifica. La burocrazia è ferrea e complessa, ma dopo un'oretta anche di piacevole conversazione, ci siamo. Mi spiega la procedura per l'attivazione da fare dopo aver avuto accesso al segnale. Circa 22 euro per avere per un anno 2Gb al giorno. Ha anche un amico che può farmi l'assicurazione temporanea per l'Ammiraglia, ma oggi è venerdì e deve passare il fine settimana. Il ragazzo olandese non ha fatto l'assicurazione nemmeno in India dove è obbligatoria, ma io se riesco preferirei farla anche se sono consapevole che in caso di incidente sarei sempre dalla parte del torto ed avrei comunque problemi nonostante l'assicurazione. Foto varie e mi chiede di registrare anche un video in cui ringrazio tutto l'ufficio per l'aiuto ricevuto.
È ancora presto e mi metto comunque alla ricerca di una compagnia assicurativa che mi hanno indicato all'Hotel ed ho cercato in rete. Sempre a piedi per rendermi anche conto di dove sono, cosa che al momento mi sfugge. Tutto troverò tranne che gli uffici indicati su Google.
Passo per una zona poco illuminata ed abbastanza sporca e dopo aver già visto le attese mucche tranquillamente in giro per le strade mi blocco per qualcosa di inaspettato. Cinghiali. Si aggirano grufolando nel fango e nell'immondizia.
Ne vedrò almeno una quindicina assuefatti al caos ed alla gente.
Sento dei canti. Un grande tempio indù non segnalato sulla guida, lo Sri-Durgiana-Temple. Entro lasciando le scarpe agli addetti. Totalmente impreparato fotograficamente ho il primo approccio con la tradizione hindu
In un grande spazio quadrato che rappresenta la perfezione, il tempio principale che al momento posso solo ipotizzare dedicato a Ganesh con la testa di elefante, è al centro di una vasca d'acqua ed è raggiungibile tramite una passerella. Una ritmata preghiera a cui farei bene ad unirmi visto che il Dio incarna la buona sorte è, non so perché, ripresa da telecamere.
Un piccolo corteo fa intanto un giro del quadrato, cantando ed accompagnando un'immagine.
Sono stanco, torno in hotel.
-------------------------------------------- Giorno 62 – 9 Gen 2020
Mappa del viaggio
Con l'intento principale di fare qualche chilometro con il nuovo filtro, vado ai Giardini Shalimar. In una Lahore che non ha più segreti riesco a muovermi bene evitando ed aggirando le zone e le strade che so intasate. I giardini sono una delle ultime attrattive che mi manca di vedere. Posso dire di conoscere Lahore meglio di Londra o Parigi e di tante altre città anche italiane.
Sui giardini non c'è molto da sottolineare. Simili nella struttura ad altri luoghi visitati sono ormai immersi nel tessuto urbano e ne costituiscono un'oasi in cui passeggiare tra i molti scoiattoli. La caratteristica più interessante sono le immense fontane, purtroppo asciutte, che sono collegate tra loro da una rete di canali che sfruttano le diversità di livello dei vari grandi giardini. Con queste in funzione lo spettacolo sarebbe grandioso.
Al centro Nikon finalmente lascio la D810 che riprenderò con il sensore pulito nel pomeriggio. Ad un incrocio fotografo come prova uno dei travestiti di cui parlavo giorni fa. Forse è solo un espediente per ottenere denaro, ma certamente è qualcosa di totalmente inaspettato anche se non siamo nella penisola arabica.
Faccio solo una piccolissima considerazione su questa curiosità e sul Pakistan. Io ho girato esattamente come farei in Italia ed ho incontrato solo gentilezza e disponibilità all'aiuto. Mi sono posto una domanda, relativamente al soggetto in foto: se fosse ad un incrocio in Italia sarebbe tranquillo e non importunato come vedo qui nel pericoloso e fondamentalista Pakistan?
Due pulcette e ciuffi di capelli in stanza e nella doccia non sono nulla anche se alla lunga stressano e le macchie su lenzuola ed asciugamani comunque quasi sempre puliti sono più un problema psicologico.
L'avere dinanzi agli occhi fiumi di immondizia che scorrono in cui escrementi che non ho comunque visto sarebbero la componente meno preoccupante, invece che leggere sul giornale diligentemente gettato nella differenziata di lontani oceani di plastica e continuare a vivere nello stesso modo sfoggiando sempre nuovi piccoli ormai inutili business ecologici spesso solo diversamente inquinanti, per come la vedo io sono lo stesso identico problema e non certo un miglioramento.
Amir mi controlla il motore, riregistra le punterie e verifica l'assenza di perdite. Finalmente capisco che il pistone è sempre quello mio che è stato sistemato. Il filtro dell'aria può andare, ma devo comunque cercare quello corretto. Lo saluto e lo ringrazio e gli do appuntamento per Aprile o Maggio.
Faccio lavare per bene l'Ammiraglia esternamente e sotto e mentalmente riconsidero la sua situazione.
Il motore è sempre quello originale, anche se ringiovanito da un lifting, ed è una cosa che mi fa piacere. Il filtro dell'aria è arrangiato, ma sembra efficiente. I pneumatici sono nuovi. Il clacson è adesso un doppia tromba pakistano installato per poter competere su strada. Il guidatore è anch'esso originale e senza lifting.
Devo dire che tutto sommato dopo due mesi dalla partenza posso essere soddisfatto di come domani entrerò, cosa che anche i fatti hanno dimostrato essere assolutamente non scontata, nel primo dei due paesi che dall'inizio considero meta principe di questo viaggio, l'India.
-------------------------------------------- Giorno 61 – 8 Gen 2020
Mappa del viaggio
Amir mi ha chiamato per dirmi che all'officina ci sarà questa sera. Abbandono volentieri i quartieri alti non perché siano alti, ma per gli atteggiamenti osservati. Stanza all'hotel dove per una settimana ho atteso la guarigione dell'Ammiraglia. Vado al Centro Nikon. Un black-out non permette al laboratorio di pulirmi subito il sensore, non c'è verso. Relativamente vicina c'è l'Anglicana Chiesa della Resurrezione che è più una curiosità ed in cui trovo un po' di Natale.
Black-out infinito, desisto. All'officina mi hanno trovato un filtro simile, ma che comunque non entra. Dopo averlo rigirato tra le mani lo acquisto lo stesso dato che costa solo 3 euro e mezzo e, sotto sguardi interrogativi, comincio a modificarlo con la pinza. Dopo una buona mezzora di lavoro riesco nell'intento di farlo entrare dove non voleva. Ho un filtro nuovo non perfetto, ma abbastanza efficace. Si è fatto buio e non ho voglia di mettermi in giro per provarlo un po' più a lungo. Vedremo domani. Amir mi comunica che ci sarà domattina.
-------------------------------------------- Giorno 60 – 7 Gen 2020
Mappa del viaggio
Sono in viaggio già alle 7 e mezza per cercare di evitare il caos ed immettermi subito in autostrada. Ho tanti chilometri da fare e potrei essere costretto a delle soste impreviste a causa del filtro, spero non del motore. Tempo pessimo, piove e poche centinaia di metri più in alto ha nevicato. La Karakoram Hwy deve aspettare. Gomme nuove e cerchioni storti non vanno molto d'accordo, ma dopo un paio di centinaia di chilometri iniziano a fare conoscenza e le vibrazioni calano sensibilmente. Comunque questo non mi ferma, nemmeno se le ruote diventassero quadrate e dovessi guidare con il Parkinson. A Lilla, dato che il filtro dell'aria sembra aver deciso di non ostacolare i miei piani, esco per una visita per cui all'andata non avevo avuto tempo. Percorro 25 chilometri su una piacevolissima strada di campagna, dissestata il giusto, che attraversa solo due piccolissimi villaggi mentre per il resto le abitazioni sono gradevolmente disseminate tra i campi in cui ferve l'attività.
Sono i primi chilometri, escludendo autostrade e scortato Belucistan, in cui guido rilassato godendomi anche le scene che mi si pongono dinanzi. Su un camion stanno coprendo per il trasporto il motivo della mia deviazione, grossi blocchi di sale che brillano al sole. La pioggia me la sono lasciata alle spalle insieme alle alture.
A Khewra c'è la seconda miniera di sale più grande al mondo aperta ed attiva da secoli. Il commercio del sale estratto risale all'era Mughal quindi al sedicesimo secolo, ma per la scoperta del giacimento tocca riandare ad Alessandro Magno. Miniera tuttora attiva.
Il giro all'interno costa ben 20 dollari per gli stranieri e si svolge al settimo dei 16 livelli esistenti. Oggi non è in funzione il trenino perché ci sono pochi turisti, tutti pakistani ovviamente tranne me. Mi accompagna una guida anche se ho ripetuto più volte che non capisco l'inglese, unica arma efficace per far desistere i più insistenti, ma qui sembra che occorra essere comunque accompagnati. Prima di arrivare al sale si attraversa un interessante spesso strato di roccia multicolore.
Anche se qui non lo dicono, ma ad una mia domanda la guida conferma, se andate all'erboristeria all'angolo e chiedete una confezione di Himalayan salt vi daranno un sale quasi sempre rosa che proviene da questa miniera e che con l'Himalaya ha pochissimo a che vedere. Sale Pakistano o Sale di Khewra lo comprereste? Il colore ne determina la qualità, dal migliore rosa al bianco, al rosso. I tunnel e le grotte in cui si è completamente all'interno del visivamente vellutato sale, che viene lasciato per il 50 per cento a sorreggere le volte, sono splendidi.
Varie caverne sono ricolme dell'acqua piovana che filtra dalla montagna e viene poi pompata artificialmente all'esterno. Per attrarre l'occhio dei turisti hanno costruito delle strutture francamente senza senso illuminate oltretutto con luci multicolori che mi aumentano significativamente la difficoltà fotografica. Visivamente comunque l'effetto dei mattoni di sale traslucidi retroilluminati è notevole. La moschea costruita dai minatori 55 anni fa è l'unica piccola costruzione che merita una citazione.
Gli ultimi 200 chilometri mi riportano a Lahore in cui per riabbassare il budget e provare un'altra sistemazione, ho prenotato in un B&B a 13 euro. Passo dall'officina, anche se il meccanico non c'è, per cercare aiuto per il filtro. Lascio quello vecchio a chi domani proverà a trovarlo a Lahore. In un ricco quartiere con tanto di controlli di polizia all'ingresso ed in cui c'è solo qualche tuk-tuk fermo all'angolo come fosse un taxi, scortato da un domestico tuttofare che chiama “il cinese” il padrone che sento solo tramite WhatsApp, entro in una ricca villa con un enorme cancello che si richiude alle spalle dell'Ammiraglia. La sistemazione sarebbe anche buona e certamente più pulita di vari hotel, ma scopro che non c'è l'acqua calda. Farfugliamenti vari del cinese, incavolatura mia più per la manfrina che per la mancanza, e resto comunque una notte solo perché è tardi e non ho voglia di rimettermi in moto. Freddo intenso in stanza, niente riscaldamento ma questo era ovvio. Esco per comprare da mangiare. Gran negozio con clienti bene e commessi male che obbediscono ad ordini impartiti con decisione e portano la spesa direttamente all'auto dell'elegante avventore. Detto per inciso a Lahore ho visto auto che nella targa sotto i numeri riportavano la scritta “Avvocato” ed una con “Avvocato della Corte Suprema” che mi facevano venire voglia di un'aggiunta adeguata con il pennarello indelebile. Un quartiere di sgradevole gente con la puzza sotto al naso.
-------------------------------- Giorni 58 e 59 – 5 e 6 Gen 2020
Mappa del viaggio
Non vado a Peshawar, nelle cui vicinanze c'è un villaggio interdetto agli stranieri che potrei provare a raggiungere comunque, perché ho necessità di uscire dalle città. Da Islamabad parte una autostrada che nelle intenzioni quando completata dovrebbe sostituire la mitica Karakoram Highway. La costruzione è diretta e probabilmente anche finanziata dalla Cina e stavolta ne sono certo perché è scritto a chiare lettere e vedo anche occhi a mandorla che osservano, sotto caschetti protettivi, operai pakistani sotto Pakol. Al momento è completata e transitabile solo fino a Mansehra, ma già sui cartelli sono riportate località più lontane. Solo il vedere qualche altura alberata, pur con una notevole presenza di fabbricati, mi rasserena. Uscendo però sulla vera Karakoram Hwy il traffico torna ad essere il solito e qui in più la strada è stretta e spesso dissestata con un'alta presenza di camion per superare i quali tutti, anch'io, si buttano sull'altra corsia anche in curve cieche ed anche con mezzi che procedono in senso contrario. Si strombazza e si rallenta cercando di non fare dei frontali. Non ho ancora probabilmente detto che qui in Pakistan nessuno guarda il cellulare durante la guida, è umanamente impossibile. Lo estraggono solo se totalmente fermi ed imbottigliati.
Quando poi si attraversano grossi centri come Mansehra ci si può mettere un'ora per percorrere 4 o 5 chilometri. Le idee che avevo sulla strada da percorrere sono totalmente irrealizzabili. Torno indietro fino ad Abbottabad per un hotel che sembra migliore degli ultimi e costa infatti di più. Devo infilarmi in un vicolo strettissimo in cui rompo il vetro dello specchietto e tocco sotto un paio di volte tanto è dissestata quella che non chiamerei strada. Basta! Caccio un urlo liberatorio e ne esco mandando a quel paese l'Hotel. Sulla strada ce ne sono tantissimi ed al primo che mi sembra buono sento quanto mi chiedono. La stanza è la migliore ad oggi dell'intero viaggio ed ho il riscaldamento. 6000 rupie che riesco a portare a 5500, ma non meno. 33 euro. Il doppio di quello di Islamabad, ma ne ho bisogno. Mi accompagnano da un vetraio che mi fa un non rifinito specchietto nuovo che riattacco con il mio silicone. Almeno questa l'ho risolta a razzo. Una doccia come si deve ed esco.
Grandi negozi luccicanti e piccole rivendite sono ammassati e si succedono senza alcun ordine. I vuoti che ogni tanto si aprono hanno la funzione di discarica. Occorre fare lo slalom tra le auto parcheggiate ovunque, quelle che sono in movimento e gli scoli giganteschi dell'acqua che dall'odore sembrano anche fogne. E comunque il tutto non ha affatto un aspetto deprimente da cui vorresti fuggire. Di certo però non mangerei nei localini pie dan l'eau.
Anche qui, come già successo ad Islamabad più volte e mi ero dimenticato di scriverne, noto in strada che chiede denaro un travestito. Con il velo, truccato e vestito da donna. Non che della questione mi importi qualcosa, visto che in questo campo come in altri penso che la libertà di ognuno debba essere legata solo al consenso del partner ed alla sua capacità di esprimerlo, ma è rilevante perché sono in un paese musulmano. Non ne so altro e non ho indagato. In India mi sembra di aver letto che la comunità omosessuale ha ottenuto da poco una specie di status di casta, ma lì è questione comunque difficile, ma ben diversa.
Mi fermo a prendere due porzioni di ceci bolliti insaporiti con creme e spezie varie ed un ragazzo, saputo che sono italiano, mi porta al negozio del fratello che commercia con l'Italia ed è già venuto tre volte a Prato. Commercio di Kashmir e tessuti. Con Mr. Muhammad Asghar e l'amico Mr. Syed Jamal Shah che mi va di citare, parliamo ininterrottamente per un'ora e mezza.
Una discussione aperta che spazia dal Pakistan, per il quale esprimo sia lodi che dure critiche che condividono apprezzando la mia franchezza, alla politica internazionale ed all'economia mondiale. Con le dovute anche rilevanti differenze, le idee, le preoccupazioni, le critiche, le aspirazioni, ciò che passa per la mente alle genti del mondo che non hanno la preoccupazione giornaliera di come sfamarsi o di come primeggiare o di come affossare altri simili, ha il comune denominatore della serenità globale del vivere. Poi è ovvio che del passaggio dalle parole alle scelte quotidiane non posso saperne nulla, ma in testa quelle idee ci sono ed è certamente difficile agire poi ignorandole consapevolmente.
Mi sto rilassando e mi sto staccando per un po' dallo scoprire e dal fotografare per prepararmi al nuovo inizio che sarà l'ingresso in India.
Decido di restare ancora una notte.
Mi alzo e con calma mi metto in movimento. Stamattina piove abbondantemente. Non è la stagione adatta a questi luoghi. Torno a Mansehra dove decido di fermarmi da un fornito gommista. Ad Islamabad, sull'asciutto, in due frenate non al limite ho slittato sull'asfalto. Ho già percorso 16000 chilometri e l'enorme esperienza accumulata in Australia riguardo all'usura dei pneumatici sulle sterrate mi aveva già fatto pensare che era ora di un cambio gomme. Potrei andare ancora avanti, ma in questa stagione e nei luoghi in cui mi recherò prima di fiondarmi nell'India del Sud preferisco non correre rischi. Cambio tutte le quattro ruote ed almeno le posteriori sono certo che le rivenderanno come usate. 115 euro tutto. Cinesi, nuove, non rigommate, non invernali che mi dicono di poter usare per 65000 chilometri su asfalto. Probabilmente vero solo se fossi disposto anche ad andare con le slick come le formula 1. Non hanno alcun macchinario, nemmeno l'avvitatore a pistola.
Riparto e l'Ammiraglia sobbalza ed oscilla anche alla bassissima velocità del traffico che mi fa impiegare quasi un'ora per tornare da quello che non era un gommista, ma un semplice rivenditore di pneumatici. Dal gommista mi ci accompagnano. Intanto due ruote sono montate male e qui, con le macchine, le rimontano correttamente. Passando all'equilibratura vedo che i cerchioni sono ben storti. Già in Italia avevo preso i migliori, ma non perfetti, tra quelli dell'Ammiraglia e di un'altra auto identica che posseggo. Per dare un'aggiustata serve parecchio piombo. Mi dicono, ignorando oltretutto quali percorsi accidentati ho fatto, che in Pakistan un cerchione dura mediamente un anno e mi raccontano di turisti in Toyota con due cerchioni distrutti. Qui cerchioni per l'Ammiraglia nemmeno l'ombra, si vedrà. Intanto non sobbalzo più, ma è già quasi buio e non riesco ad andare sull'autostrada per provare a velocità più elevate. Nuovamente filtro intasato e problemi mentre torno. Stavolta faccio dei piccoli buchi all'interno del filtro che non dovrebbero comunque far entrare granché di sporco, ma permettere un migliore passaggio d'aria. Il risultato c'è, ma sarà da vedere per quanto ci andrò avanti. Prima di attivarmi per una spedizione dall'Italia che penso di poter organizzare da solo devo essere in India e provare se trovo qualcosa. Il motore invece va benissimo e non ho alcun problema. Inizia a scendere una neve fortunatamente annacquata. The winter is coming. Ho fatto bene a cambiare le gomme. Ad Abbottabad gli enormi scoli dell'acqua sono straripati in vari punti e per strada si vedono scorrere fiumi di immondizia.
Mi metto in camera a scrivere e non esco più.
-------------------------------------------- Giorno 57 – 4 Gen 2020
Mappa del viaggio
Anche questa notte dormirò qui. Da un meccanico mi viene detto dove a Rawalpindi posso trovare il filtro dell'aria. Ci devo provare. Quando ci arrivo, a non più di 10 chilometri, ritrovo il solito Pakistan ed i soliti tuk-tuk in numero però comunque decisamente inferiore. Niente da fare. Non ne trovo di adattabili. Durante questa giornata passata interamente in coda all'interno del solito traffico infernale, in uno dei laboratori in cui artigianalmente vengono prodotte le decorazioni per i camion, ne compro una piccola per l'Ammiraglia, un uccello in latta smaltata. Noto spuntare dalle case dei piccoli templi che con l'Islam c'entrano poco. Sono degli antichi templi indù che adesso, assolutamente non segnalati e con le case che li hanno soffocati e che vedo hanno anche utilizzato gli spazi un tempo sacri, sono assolutamente inaccessibili. Un pezzo di storia che nuova storia ha divelto. Un ragazzino in alto con un aquilone mi fa fare l'unica foto di oggi.
Tornando all'hotel l'Ammiraglia fa fatica e procede facendo dei saltelli dovuti certamente alla carburazione. Tolgo il filtro dell'aria ed i problemi scompaiono confermando i miei sospetti. Ho percorso circa 600 chilometri da quando lo sporco vecchio filtro è stato riposizionato e già è intasato. Ho un bel problema. Forse ho sbagliato a non passare subito in India. Lo faccio pulire con l'aria compressa e lo rimetto e non ho più i problemi di prima, ma ci faccio solo pochi chilometri. Vedremo domani. Questa nuova incognita mi getta in uno stato d'animo pessimo e la calca di gente smette di essere interessante. A quasi due mesi dalla partenza, ormai lontano da sereni luoghi isolati da attraversare sull'Ammiraglia in perfetta efficienza, ho un forte calo di motivazioni nonostante la positiva soluzione del grave guasto e l'enormemente meno grave problema del filtro mi appare insormontabile e foriero di guai e soprattutto stress. Devo fermarmi per un po', ma non qui in Pakistan. Ad aggravare lo stato d'animo le notizie internazionali che arrivano mi confermano solo che l'idiozia è la principale caratteristica degli umani, soprattutto di quelli che vogliono a tutti i costi avere una ribalta da cui esibire il proprio essere superiori. Potrei avere la strada tagliata per un ancora lontano ed incerto ritorno. Se non potessi ripassare dall'Iran, magari potrei affrontare l'Afghanistan che è qui a poca distanza, comunque è ancora troppo presto sempre se questa storia durerà veramente molto a lungo.
-------------------------------------------- Giorno 56 – 3 Gen 2020
Mappa del viaggio
Carico tutto in macchina. Dopo aver ieri costatato che l'Ammiraglia al momento non ha ricadute immediate, voglio arrivare ad Islamabad e sull'autostrada viaggiare per circa 400 chilometri a velocità costante. Una sorta di primo rodaggio. Come previsto la posizione in cui è stato messo il tubicino della sonda del livello olio non permette alcuna verifica. Rivado all'officina e stavolta, con calma ed impiegando più tempo lo rimettono penso correttamente, ma lo saprò solo domani.
A 150 chilometri da Islamabad ha termine l'immensa nebbiosa pianura coltivata e si incontrano un paio di basse cime con delle salite non ripidissime, ma sensibili, che l'Ammiraglia sembra superare con una agilità che non ricordavo. Ho deciso di restare in Pakistan almeno fino a martedì prossimo quando Amir sarà tornato e potrà dare un'ultima controllata prima di passare in India. L'assenza di problemi e di rilevanti incontri mi permette di parlare di guida ed hotel in modo più dettagliato.
Retaggio inglese è la guida a sinistra. Per me non è una novità, ma è in assoluto la prima volta con un'auto a guida a sinistra. È molto meno problematico e non ho avuto esitazioni già dai primi chilometri all'ingresso in Pakistan. Il motivo è semplice, i comandi non sono invertiti. In altre occasioni, per giorni, ogni volta che dovevo mettere la freccia azionavo i tergicristalli.
Gli hotel lasciano parecchio a desiderare e sono piuttosto cari. Il problema primario è la pulizia e, perché sia chiara questa indicazione, specifico che io sono un acerrimo contestatore della paranoia italiana al riguardo che, esattamente come l'utilizzo spropositato di antibiotici, fa rapidamente evolvere generazioni più agguerrite di germi e contemporaneamente abbassare le difese immunitarie. Quindi, quando dico che il livello di pulizia è basso intendo che la maggior parte delle persone che conosco non ci entrerebbe nemmeno. Lenzuola ed asciugamani sono piccoli, spesso accettabilmente puliti, ma sempre indelebilmente macchiati da precedenti innumerevoli usi e con vari piccoli buchi. L'acqua calda è sempre presente almeno al livello degli alberghi che scelgo che è comunque basso. A volte ci sono dei black-out elettrici che però non dipendono dagli hotel. Il livello dei pasti ordinati è sempre stato più che buono, mentre le colazioni se comprese nel prezzo sono scarsissime. Il riscaldamento normalmente non c'è o si paga a parte e consiste quasi sempre in una semplice piccola stufa elettrica od a gas. Arredamenti e bagni quasi sempre vecchi e malandati. Rivalutandolo adesso, l'Hotel Bloom di Quetta aveva un ottimo rapporto qualità-prezzo. Gli hotel che scelgo si aggirano sui 20 euro a notte e, per avere dei comfort diciamo discreti dovrei salire ad almeno 40 o 50 a notte, mentre per standard prossimi a quelli occidentali occorrono più di 100 euro a notte. Io parlo di cifre per un singolo, se cambia qualcosa per una coppia non saprei. Le stanze singole comunque esistono raramente e ho quasi sempre matrimoniali.
L'ingresso ad Islamabad è totalmente differente da quello nelle altre città. Anche in periferia ci sono costruzioni gradevoli basse e molte ville con il filo spinato sugli alti muri di delimitazione mi fanno pensare alle metropoli sudamericane. Efficienti vigili con il cappello dirigono un traffico di sole auto ben incolonnate e qualche moto. La cosa che immediatamente si nota è la totale assenza dei tuk-tuk che da soli costituiscono almeno l'80% della caoticità. È un altro Pakistan.
Vado al centro Nikon per far pulire il sensore della Nikon D810 e mi dicono che dovrebbero mandarla a Lahor. Sul sito Nikon non risultava ci fosse un centro a Lahore. Devo rinunciare per adesso.
La città è divisa in settori numerati ed in ognuno sono presenti un po' tutti i servizi principali e le abitazioni. Non c'è un ben definito centro quindi. Rawalpindi è una differente città ormai fusa completamente con Islamabad, ma per il momento non ne so nulla.
Dov'è il centro Nikon è un settore a nord ipermoderno ed iperricco ed ipercaro e nei locali che non sfigurerebbero nelle più belle capitali europee molte ragazze in giro da sole hanno i capelli curati e scoperti. Chi vi si aggira è abbigliato elegantemente ed io sono l'unico a portare il Pakol, il cappello Afghano dei Pashtun diffusissimo ovunque. Settori poco interessanti. Un bar frequentato da tanta bella gente in ghingheri si chiama Cannoli. Entro e quelli in vendita non sono nemmeno un lontano ricordo. Gli faccio vedere in foto dei veri cannoli, ma è evidente che non sanno nulla del nome che hanno dato al locale e nemmeno sembrano granché interessati. Business, business, business non c'è altro nella testa. Addio Pakistan.
Nel settore dove ho invece l'albergo la situazione è più o meno simile a quella ormai familiare, al netto però del caos che qui è inesistente ed ho la possibilità di aggirarmi concentrando l'attenzione sulle varie attività. In un ristorante due giovani mi chiedono il link alle foto e ci chiacchiero un po'. Uno, come molti altri incontrati, mi dice di avere il fratello in Italia ad Aosta. Il gestore di una rosticceria in cui sono cotti alla brace dei polli mi invita ad assaggiarli decantandone la bontà ed effettivamente sono squisiti. Ci tornerò domani. Non mi fa pagare nulla e stiamo a chiacchierare per un bel po' seduti ad un tavolo. Una persona deliziosa che, come molti altri, è felice di vedere europei che tranquillamente si aggirano visitando il suo malamente conosciuto paese. Spessissimo vengo fermato solo perché vogliono farsi un selfie con me, come se fossi una celebrità.
L'altra faccia però è sempre presente a ricordarmi che questo resta un paese per pochi se lo si vuole visitare senza restare in qualche torre d'avorio di un costosissimo hotel. Sotto le lenzuola sento dei pizzichi e comincio a grattarmi. Non vedo nulla, ma scendo in auto a prendere il potente anti-insetti da giungla che mi servirà più avanti e ne spruzzo un bel po' direttamente sotto le coltri comunque già umide per il freddo. Tranquillamente adesso posso scrivere e dormire senza più molestie.
-------------------------------------------- Giorno 55 – 2 Gen 2020
Mappa del viaggio
Metto un po' in sesto l'interno della macchina. Apro il cofano. Il livello dell'acqua è molto sopra il massimo, ne ha messa troppa. Tento di estrarre l'asta per il controllo del livello olio e mi resta in mano anche il tubicino in cui è inserita. Cominciamo bene. È un bel problema perché dal buco l'olio uscirebbe a schizzi. All'officina un amico di Amir fa intervenire un altro meccanico. lo mettono a posto con del silicone, non devo toccarlo fino a domani, ma la posizione in cui sta non mi convince.
Vado finalmente fuori città, non ne potevo più anche se Lahore è interessantissima. Faccio un po' di autostrada a 100km/h e l'Ammiraglia la sento nettamente più elastica nella resa e silenziosa. A 60km c'è Hiran Minar, una grande vasca d'acqua in cui si può navigare affittando un pedalò o fare un breve giro in barca a motore che ha senso solo per chi probabilmente non ha alcuna esperienza di mare. Al centro un bel padiglione. Il tutto fu edificato più di 400 anni fa in memoria di un cervo. Con intorno un grezzo ed invernale piccolo spoglio parco è meta di gita, come tutti i luoghi simili, per i pakistani in cerca di tregua dal caos onnipresente di qualunque agglomerato urbano. Non irrinunciabile. Per i locali il prezzo dell'ingresso è come all'incirca ovunque di 20 rupie, mentre gli stranieri pagano praticamente sempre 500 rupie, all'incirca 3 euro e mezzo non proprio una sciocchezza visto che occorre pagare quasi ovunque.
Tutto intorno il panorama è arricchito da decine di ciminiere fumanti che sfornano continuamente mattoni. Mi ci fermo davanti per delle foto e vengo immediatamente invitato a visitarne una. La cottura avviene in due grandi spazi, usati alternativamente, in cui il calore viene convogliato. Mentre uno si riempie con i mattoni crudi portati a dorso d'asino, l'altro viene svuotato a mano dopo la cottura.
La temperatura dell'acqua effettivamente sale oltre i livelli abituali, ma non al punto da impensierire. La prima prova seria del nuovo corso dell'Ammiraglia non ha evidenziato problemi.
Torno in hotel e con un tuk-tuk mi reco al Santuario di Data Ganj Bakhsh, un poeta Sufi dell'anno mille molto famoso e venerato. Il sufismo ed i Sufi, per dirla in poche parole, sono il lato mistico dell'Islam aggiungerei Sunnita, ed i seguaci ricercano l'Assoluto, Dio, Allah, in se stessi perché questi è l'uno e qualsiasi essere non è che un suo riflesso.
Penso di assistere solo a dei canti sacri di devozione, i Qawwali, che mettono in comunicazione con Dio, ed invece mi ritrovo con centinaia di fedeli a condividere gomito a gomito riti in cui non mi perdo d'animo solo perché allenato da anni di feste di S.Agata.
Approfitto per esortare chi legge a programmare un viaggetto a Catania in occasione di questa festa che non ha eguali in Italia ed in Europa leggevo che forse solo la Semana Santa di Siviglia può reggere il confronto. In ogni caso a due passi c'è la possibilità di assistere a qualcosa di unico che difficilmente si dimenticherà. Basta andare dal 3 al 5 Febbraio giorni finali della festa, farsi consigliare sui migliori passaggi da vedere e buttarsi nella folla senza paura. Sono date fisse non importa che giorno della settimana siano. La festa in realtà inizia un mese prima, ma i due ultimi giorni sono il clou. Non ve ne pentirete, garantisco personalmente.
All'esterno i controlli sono severissimi e non si possono introdurre borse o macchine fotografiche, io riesco ad intrufolare la Leica, comunque sono ammessi i cellulari e con questi è possibile fare foto e filmati.
Solo un paio di descrizioni necessarie per capire meglio il video. La tomba del poeta è letteralmente assalita solo per un tocco con la mano o un selfie molto poco mistico. Uno della confraternita mi nota e mi fa andare avanti per poter vedere la tomba e chiaramente fare una donazione. La sosta alle finestrelle che si affacciano sull'area della tomba, in cui vedo dei privilegiati probabilmente paganti, è solo di qualche secondo. Un morto, coperto da un telo e fiori, su un letto di metallo portato a braccia viene introdotto per avere la benedizione del santo ed anche a lui sono concessi solo pochi secondi. Durante il Qawwali di un ragazzo con una voce abbastanza coinvolgente, altri della confraternita preparano sacchetti di dolciumi che verranno poi distribuiti gratuitamente insieme a tanto altro cibo. Scendo al piano inferiore dove ai lavatoi si ammassano i fedeli scalzi per una indispensabile lavata di piedi. Il pavimento è pieno di resti di cibo di vario genere e lo sento appiccicoso sotto le calze che certamente non potrò riutilizzare prima di una seria disincrostata. Nella stessa grande sala si distribuisce cibo che cerco di ottenere anch'io spingendo a tutta forza in mezzo ad una marea ondeggiante e sempre in procinto di rovinare per terra. Ognuno ha in mano un sacchetto di plastica che viene afferrato, riempito del cibo in quel momento disponibile e restituito. C'è una inutile fila, ma è più un assalto all'arma bianca in ordine sparso. Quando conquisto la prima linea, con in una mano il sacchetto e nell'altra il cellulare, quello che doveva essere riso è finito ed iniziano a riempire i sacchetti con qualcosa di liquido che non so cosa sia e che mi fa rinunciare alla lotta.
Esausto mi infilo in un tuk-tuk e, arrivato in stanza, crollo sfinito senza la forza di scrivere nulla.
-------------------------------------------- Giorno 54 – 1 Gen 2020
Mappa del viaggio
Mi sveglio più tardi del solito. Ieri sera ho lavorato fino a tarda notte poco disturbato dai pochissimi botti, quasi nulla. Dal meccanico non c'è né lui né la macchina. La sta provando. L'Ammiraglia anche nel 2020 vuole avere un ruolo nella mia vita. Sono abbastanza in tensione, non si sa quando Amir tornerà e magari sta anche girando per qualcosa di ancora non del tutto sistemato. Me ne vado o mi prende l'ansia. Un tuk-tuk per gli Shalimar Gardens in cui non arriverò mai. In una strada mai percorsa fino ad oggi veniamo fermati ad un grande posto di blocco militare. Dopo i controlli mi dicono che io sono a posto, ma il mio autista no e non capisco perché e nemmeno cosa vogliono che faccia, ma alla fine mi dicono di risalire nel tuk-tuk a cui non permettono il passaggio e ci ordinano di tornare indietro. Imposizione veramente assurda visto che siamo in piena città e ci sono migliaia di altre strade, ma potrei non essere a conoscenza di qualcosa. Comunque dopo essere tornato indietro il mio autista, che ha cercato invano di spiegarmi la questione in punjabi o in urdu non saprei, si avvia ovviamente comunque verso la mia meta su una delle mille parallele in cui non ci sono posti di blocco. Veramente senza senso tutta la faccenda e siamo stati fermi almeno dieci minuti davanti a serissimi ed inflessibili militari. Mah.
Telefonata del meccanico. Immediato dietrofront. L'Ammiraglia è pronta e ci salgo per un emozionante giro di verifica in cui Amir mi invita a velocizzare la mia tesa, delicata e preoccupata guida. Ho paura che qualcosa mi si rompa tra le mani. Tutto bene, ma so benissimo che c'è bisogno di ben altri test. Ha cambiato il filtro dell'olio e mi dice di aver bisogno di tre ore per trovare quello dell'aria. Non riesco a restare distaccato e ad utilizzare questo tempo per riprendere l'esplorazione interrotta, quindi semplicemente vado in hotel ed aspetto lì. Puntuale mi porta l'auto. Non capisco se non ha trovato il filtro e ci vuole troppo tempo per averlo oppure se è troppo caro, probabilmente entrambe le cose. In ogni caso ha pulito con la benzina quello vecchio e mi dice che per adesso va benissimo ed in India probabilmente lo trovo più facilmente ed a prezzo più basso. Non ci credo molto, ma c'è poco da fare. Non averne portati con me è stata una vera enorme fesseria, ho pensato a tante cose e non a questi. Mi consiglia di stare attento alla temperatura dell'acqua, credo di capire che il pistone nuovo avrà più attrito, e di fermarmi se va oltre il livello di guardia.
Non ci sarà fino a martedì prossimo perché domani va con la moglie a Multan, si è sposato da solo un mese e penso che questi giorni siano la luna di miele. Incredibile, come il mio meccanico italiano che al momento è in Cile. Casuale prova dell'abisso economico che separa due mondi pur quando i costumi sono identici. In ogni caso l'assenza mi preoccupa. Dopo pochi minuti che è andato via, primo problema. Un faro non ha più il vetro. Riparto per l'officina. Mi dice che è caduto da solo ed è andato in mille pezzi e ci può stare perché è successo anche a me più di una volta con fari vecchi, ma poteva dirmelo. Aveva parlato di luci e non avevo capito, ma poteva mostrarmi il faro. Ho il ricambio e me lo monta. Mi tengo il faro senza vetro che all'occorrenza potrebbe fare comodo visto che adesso non ho più quel pezzo. Mi faccio un altro giro di prova, ma ormai è buio e torno in hotel. Domani farò un test più serio, ma ancora non abbandonerò Lahore.
-------------------------------------------- Giorno 53 – 31 Dic 2019
Mappa del viaggio
Stamattina effettivamente trovo Amir già al lavoro.
Giornata ancora più fredda e nebbiosa. Parto per un lunghissimo giro in tuk-tuk. A 30 chilometri c'è Bahria Town in cui è stata ricostruita la Tour Eiffel. Non so se in scala 1 a 1, ma di certo è gigantesca con tanto di ascensore centrale. Non mi posso avvicinare perché è tutto transennato. Questa sera qui sarà festeggiato in pompa magna il nuovo anno con profusione di fuochi d'artificio. Resto il tempo di qualche scatto a questa autentica stranezza.
La cosa interessante è invece il luogo. Ci sono varie Town come questa nella periferia di Lahore, una specie di urbanizzazione come Milano due o tre. Hanno gli ingressi controllati ed il livello dei palazzi, dei negozi e dei locali è sensibilmente più alto che in città. Anche qui i benestanti preferiscono mantenere le distanze da ciò che li rende tali.
Un lunghissimo assiderato trasferimento in tuk-tuk di una sessantina di chilometri mi porta all'altro capo della città per un complesso di tombe del 1600 di cui il mio autista, che per oggi ho monopolizzato, non conosce minimamente l'esistenza.
L'enorme Caravanserraglio di Akbar con le sue ben 180 stanze disposte a formare un quadrato intorno ad un immenso splendido cortile con secolari contorti fotogenici alberi, è il punto d'ingresso per il Mausoleo di Jehangir.
Il luogo è pieno di vispi scoiattoli ed uno si sta deliziando con un chupa-chupa abbandonato da qualche bambino.
Un altro bel giardino ben tenuto fa arrivare ad una costruzione al cui interno c'è la lineare tomba in gradevole marmo intarsiato.
All'estremità opposta del caravanserraglio la Tomba del fratellastro Asif Khan è in pessimo stato di conservazione e solo qualche frammento di colorata decorazione ne fa comprendere la passata bellezza.
Ad un centinaio di metri, passando per un mercato affollato di gente ed animali, la Tomba di Nur Jahan dello stesso periodo è in ristrutturazione ed i confini cintati del sito sono assediati dalle case del quartiere.
Tornando all'hotel faccio un salto dall'Ammiraglia che, ripulita e con il motore già parzialmente montato, mi fa sperare in un 2020 ancora alla sua guida. Ma mi impongo, ed a ragione visto il livello dei problemi, di non credere nella resurrezione nemmeno ai primi incerti passi dell'ancora ipoteticamente rinnovato veicolo, ma solo dopo almeno duemila chilometri percorsi senza ricadute dal mio Lazzaro.
Del capodanno mi interessa solo che Amir sarà al lavoro.
-------------------------------------------- Giorno 52 – 30 Dic 2019
Mappa del viaggio
Di Amir e della sua rassicurante certezza nessuna traccia. Sta lavorando per me, almeno spero. Il conducente del tuk-tuk di oggi non sa nemmeno dell'esistenza della Moschea di Wazir Khan mio punto di partenza nell'esplorazione di oggi. Non si fida delle mie indicazioni e dopo avermi erroneamente portato alla moschea vista ieri chiede ad un poliziotto e finalmente si convince che la strada che gli dicevo di seguire è corretta. Deve lasciarmi distante dall'ingresso perché non può entrare nella città vecchia in cui si trova la moschea.
Qualunque bazar, casba, suk io abbia visto fino ad oggi non può minimamente essere paragonato al luogo in cui entro ed in cui immediatamente mi perdo. Innanzitutto è una piccola cittadina e puoi percorrere decine di chilometri senza mai ripassare per lo stesso luogo, sempre ammettendo che arrivandoci da un altro lato uno sia in grado di riconoscere di esserci già stato. In molti vicoli, sempre gremitissimi di negozi di ogni specie, due moto fanno fatica a passare. Entrato da uno degli ingressi a nord, dopo qualche centinaio di metri trovo tutto sbarrato e non so più dove andare per proseguire, chiedo e mi viene indicata una scala che mi fa scendere di un livello. Ero quindi entrato da una strada che dopo poco, con l'abbassarsi del terreno, si era trasformata senza darne avviso in alcun modo, in un primo piano senza più sbocchi. In un turbinio di voci, odori, alimenti, oggetti, fuochi, grida, colori, animali, moto, carretti a mano e soprattutto gente, faccio fatica a mantenermi lucido e solo grazie alla mappa ed al gps arrivo alla prima moschea di oggi annegata in questo putrido ed umido inebriante ammasso liquido. Immagino con un brivido cosa possa diventare questo luogo con temperature intorno ai quaranta gradi. La moschea di Wazir Khan ed il suo cortile, da affrontare anche qui con le sole calze, sono un'oasi di relativa pace incastonata tra cadenti ammassate costruzioni. Un ragazzo approfitta delle fontanelle per un gelido shampoo. Nell'area di preghiera qualcuno dorme per terra avvolto in un sacco.
La gente è sempre cordialissima e, a dispetto delle negative impressioni che il luogo certamente può dare, dopo un po' cammino tenendo senza paura la grossa macchina fotografica in mano. Alcuni mi chiedono di far loro una foto. Ogni tanto qualche cadente elegante palazzo in cotto apre uno squarcio su uno dei mille passati di questo luogo. L'elettrificazione, enormemente più recente della pianificazione urbana, non ha trovato spazio che in strada precariamente ed inestricabilmente appesa.
Alla Moschea Sunehri, più piccola ed ancor più confusa in questo labirinto, per la prima volta in vita mia vedo un muezzin, non affacciato dall'alto di un minareto ma al caldo. Davanti ad un microfono diffonde una preghiera che si disperde confusa tra i vocianti vicoletti.
Esco da questo luogo al limitare del parco visitato ieri ed alcuni cocchieri a riposo in questo lunedì privo di gitanti si prestano ad una foto.
Di Amir nessuna traccia. A sera viene a trovarmi in hotel per farmi vedere il pistone nuovo e la testata levigata e priva di imperfezioni. A questo punto pare abbia tutto per rimettere in sesto l'Ammiraglia. Resto comunque devoto a San Tommaso.
-------------------------------------------- Giorno 51 – 29 Dic 2019
Mappa del viaggio
Domenica. Qui è tutto aperto sempre e comunque, probabilmente sono solo gli uffici a chiudere. A piedi mi dirigo verso l'officina. I contrasti esasperati di questo luogo sono ciò che più colpisce il mio sguardo straniero. Questi cassonetti non distanti dall'hotel in cui vedrò sempre qualcuno frugare, sono svuotati ogni mattina ed anche l'area intorno è ripulita, ma ogni sera tornano ad essere sommersi da una inarrestabile puntuale marea.
Mi dicono che Amir è in giro per il pistone. Mi devo dare una svegliata, tanto non cambia nulla. Una delle più affollate città del mondo con più di 11 milioni di abitanti è a mia disposizione e non ho al momento problemi di tempo. Inizio con la Moschea Badshahi. Il tempo resta sempre nebbioso e freddo. Nei tuk-tuk le porte del guidatore non esistono e quindi non ti salvi dall'aria gelida che ti colpisce in pieno e ti avvolge.
Davanti alla moschea giovani di tutte le età giocano a cricket, sport nazionale retaggio inglese. Il Pakistan ha una delle squadre più forti al mondo.
Devo fare un lunghissimo giro perché alla moschea si accede dal Forte di Lahore ed incrocio casualmente la bottega di un serissimo barbiere senza bottega.
Occorre entrare dal Parco Iqbal che oggi è preso letteralmente d'assalto. Si accede da tornelli presidiati in cui vengono controllati gli zaini e si è perquisiti. C'è anche una piccola tenda in cui controllare le donne. È la prassi. In tutta la città può capitare di dover passare sotto un metal detector anche solo per entrare in un negozio. Ai due ingressi di un grande sottopassaggio stradale, ad esempio, sono stato sondato da poliziotti tramite un metal detector portatile. Il Parco è così esteso che ci sono un trenino e vari piccoli pulmini disponibili a pagamento. Per i romantici anche carrozze trainate da cavalli. I venditori ambulanti di cibarie ed i molti chioschi oggi incasseranno cifre consistenti.
Il Forte è grandissimo e contiene vari ampi padiglioni che incorniciano enormi cortili rettangolari con fontane asciutte al centro. Caratteristica comune di quasi tutto ciò che è visitabile a Lahore è lo stato di semiabbandono. A volte si notano cenni di ristrutturazioni assolutamente inadeguate nel numero e nella portata. L'effetto però, al netto della massa di gente che si aggira per lo più con l'aria da scampagnata, è affascinante e si riescono a percepire gli echi dei tramontati fasti.
All'ingresso della Moschea Badshahi migliaia di scarpe vengono incessantemente scambiate con talloncini numerati unica certezza di un ritrovamento altrimenti impossibile.
Non si possono indossare calzature in tutta l'area della moschea, compreso il gigantesco cortile. Quasi metà dei presenti ha i piedi scalzi, ma non sembra soffrire il contatto con il gelido antico usurato cotto. Qualche solitario seme tostato sfuggito alle fauci di un distratto visitatore mi fa fare un sobbalzo quando finisce sotto la pianta del mio inutilmente calzato piede. Per il resto il cortile sembra fortunatamente ben spazzato e privo di altri piccoli divertimenti per fachiri.
Ci sono varie coppie di sposi con relativa massa di parenti che si contendono le zone più fotogeniche e stavolta nel caos non arricchisco la serie delle foto di sposalizio.
In un'ala della moschea, in un lungo corridoio affacciato sulla folla con decine di fontanelle allineate in attesa di devoti piedi, il lavatoio è probabilmente il luogo meno frequentato e più mistico in questa mondana domenica alla moschea, forse ancor più del pur silenzioso e contrito scorrere di fedeli, a cui mi unisco, davanti alle non certe, ma solo attribuite reliquie di Mohammed Iqbal.
Stanco del bagno di folla mi riaffido ad un gelido tuk-tuk e la mente non più distratta resta bloccata sulle sofferenze dell'Ammiraglia. Trovo Amir che mi fa vedere in foto il pistone nuovo o costruito per me, non ho ancora ben capito, oltre a delle scanalature in un cilindro che costituiscono un altro problema non indifferente da risolvere. Ma come sempre non c'è mai nessun accenno di dubbio nel suo assicurarmi che si può riparare.
Approfitto per prelevare dall'auto alcune capsule di caffè che qui, a soli 180 metri di altezza sul livello del mare, ormai lontane dai turgidi trascorsi d'alta quota sembrano gli attrezzi di Siffredi dopo una dura giornata di lavoro.
-------------------------------------------- Giorno 50 – 28 Dic 2019
Mappa del viaggio
Mi sveglio tardi, resto in hotel in attesa di Amir. Di girare non mi va per niente e poi chissà quanti giorni dovrò stare a Lahore. Ho tempo. Dopo aver vanamente atteso l'arrivo di Amir, nel pomeriggio vado personalmente all'officina. Io la chiamo officina, ma in realtà è qualcosa di completamente diverso. C'è un piccolo rivenditore di accessori auto che mette a disposizione di almeno cinque meccanici, che li condividono, i suoi attrezzi. Le auto da riparare sono posizionate sul piazzale davanti, poggiate all'occorrenza su bassi supporti che le tengono sollevate inclinandole dove necessario. Non esistono elevatori meccanici e credo di non averne visto nemmeno uno nelle migliaia di meccanici osservati al limitare di qualunque centro abitato già a partire dall'est Turchia. Al massimo hanno delle profonde buche sopra le quali viene posizionata l'auto, esattamente come ricordo da noi molti decenni fa. Perciò i clienti arrivano ed un meccanico libero si occupa del guasto. Chiaramente non è una costante e ci sono anche molti meccanici che possono permettersi attrezzi ed officina propri.
Notizie che mi preoccupano sempre di più. Non si trovano pistoni della misura giusta. Avevo purtroppo ragione ad essere dubbioso. Amir continua però a dire che può fare la riparazione. Chiaramente adesso non si parla più di rifare il motore, ma di sostituire l'unico pistone rotto. Mi dice che lo stanno facendo fare apposta e che stasera lo avrà. Mentre parliamo un tizio ben vestito parla al telefono e contemporaneamente spolvera l'Ammiraglia per leggere marca e modello. Si avvicina e tramite uno dei presenti che si sta incaricando di tradurre in Inglese per me quello che dice Amir, mi informa che sarebbe interessato all'acquisto. Mi metto a ridere incredulo e gli dico che non ho affatto intenzione di venderla. Riflettendoci poi, mi dico che forse questo è al momento l'indizio più rassicurante sull'effettiva possibilità di rimetterla in circolazione.
Un altro giorno si avvia alla fine. Vedremo se domani la situazione cambierà nuovamente, come fino adesso è successo, in conseguenza di nuovi sviluppi della trama.
Ero assolutamente cosciente del fatto che avrei avuto questo tipo di problematiche ed adesso sto realmente mettendo a dura prova le convinzioni, che mi hanno indotto a partire, sulla possibilità di un'auto come l'Ammiraglia di poter essere rimessa in sesto in qualche modo. Certo avrei preferito iniziare con qualcosa di meno grave.
Faccio un giro più per noia che per l'effettiva necessità di trovare un cambia valute. A parte una vicina piccola interessante strada disastrata e sporchissima dove si ammassano negozietti di ogni genere accanto alla quale c'è il meccanico, al di là di un grande vialone nel cui spartitraffico è posizionata una schiera di pannelli luminosi che instancabilmente trasmettono pubblicità, è un susseguirsi di tristi luccicanti lussuosissimi hotel, mall, ristoranti e grandi negozi di marche anche occidentali. Ci passeggio in mezzo come farei in qualunque altro luogo simile, tristemente e disperatamente curioso di trovare qualcosa di interessante. Entro perfino in una pizzeria a due piani super moderna con decine di camerieri in divisa ed ordino una pizza al bbq solo per eliminare almeno per stasera il problema cena e non essere costretto a mangiare in camera il comunque ottimo pasto che ordino all'hotel. Fortunatamente ho ancora da pubblicare e scrivere degli ultimi giorni passati nella serena esplorazione delle nascoste parti certamente migliori ed immensamente più importanti e vere di questo mondo sconosciuto.
-------------------------------------------- Giorno 49 – 27 Dic 2019
Mappa del viaggio
Vado innanzitutto dal meccanico e trovo già il motore totalmente smontato e lo spettacolo dell'Ammiraglia così profanata mi rattrista enormemente. Il danno è il peggiore possibile. Un pistone ha la fascia di guarnizione rotta ed è anche scheggiato e danneggiato. Si parla quindi di necessità del nuovo e non più di riparabile. Diciamo che devo praticamente rifare il motore. Ero preparato mentalmente a questa possibilità. Continuano a ripetermi che è possibile trovare i pistoni nuovi ed altro, ma sarò tranquillo solo dopo che li abbiano trovati, che l'Ammiraglia riprenda a cantare e che continui a farlo per qualche migliaio di chilometri. Purtroppo non ho con me l'albero a camme che avevo trovato in Germania, ma non acquistato, e che sarebbe meglio sostituire. Peccato, ma vediamo prima se trovano i pezzi. Mi riparlano di soldi, non capisco bene, ma è ovvio che la cifra sarà eventualmente diversa dai 250 euro prospettati. Continuano a parlare di 5 giorni per fare tutto. Sarà.
Mi devo recare all'ufficio governativo dove estendere il visto che mi scade il 31 Dicembre. Non distante. Vado a piedi per cominciare a prendere confidenza con il luogo in cui passerò certamente vari giorni. Ad ogni passo farei mille foto e mille domande, ma non ho lo stato d'animo adatto. Solo un venditore di “calia e simenza“ che viene tostata nella sabbia incandescente, con il suo richiamo alla natia Sicilia, mi fa estrarre la Leica per uno scatto veloce.
Mentre passo davanti alla banca in cui so di dover pagare la quota ancora ignota necessaria per ottenere l'estensione, il mondo che al mio sguardo estraneo sembra una totale analogica disorganizzazione mi chiama richiamato proprio dalla mia estraneità. Un addetto davanti alla banca ha i moduli da compilare per il potenziale pagamento e mi aiuterebbe se già sapessi la cifra necessaria. Mi viene in mente il primo incerto e preoccupato approccio con la linea aerea interna in Tanzania in cui la gestione dei voli avveniva solo con il cartaceo e che dopo vari cambi aereo coordinati al secondo e fatti direttamente sulla pista con tanto di velocissimi e perfetti trasferimenti di bagagli, godette della mia incondizionata fiducia che non risultò mai malriposta.
All'ufficio per stranieri ho la buona notizia che, a differenza di quanto mi era stato detto dall'agenzia pakistana di Gilgit, la data di fine validità del visto si riferisce all'ingresso nel paese e quindi ho a disposizione più di un mese ancora dato che il mio ha una durata di 45 giorni. Ho tempo. A sufficienza. Un po' rinfrancato osservo questo pianeta sconosciuto con maggiore attenzione mentre torno in albergo.
Una adorabile gatta, nel caos, nella polvere e nella precaria pulizia della strada, non cede a quanto gli sta intorno e, dopo aver coscienziosamente fatto una piccola buca per i suoi escrementi, la ricopre con cura nascondendoli alla vista ma soprattutto all'olfatto dei rivali nel territorio. Seppur con immensa difficoltà, i gatti sopravvivono certamente meglio dei cani probabilmente tollerati per via della loro funzione derattizzante.
Nel pomeriggio torno dal meccanico. Non hanno trovato i pistoni in due posti, ma stanno cercando da un rivenditore che asseriscono abbia accesso a qualunque cosa si trovi in Pakistan ed ai miei dubbi risponde facendomi vedere una suzuki giapponese che hanno riparato, ma è molto più recente ed il marchio qui è comune e quindi la cosa non mi tranquillizza per niente. Torno in hotel ed a sera Amir, il meccanico, mi viene a trovare e l'unica cosa che mi sembra di capire è che hanno trovato i pistoni e domani pomeriggio mi viene a prendere per portarmi in officina. Ma ci crederò solo quando sarò di nuovo alla guida. Intanto è passato un giorno.
-------------------------------------------- Giorno 48 – 26 Dic 2019
Mappa del viaggio
Santo Stefano in una città considerata sacra dai pakistani credenti, come ho appreso durante una sosta ieri dall'unico che parlava perfettamente inglese dei molti che mi si sono avvicinati durante una sosta. Pare che dal nord in molti si muovano alla volta di Multan per visitare i suoi luoghi sacri. Dopo un veloce check all'Ammiraglia, mentre sto per lasciare l'hotel per un giro in città, mi fermano alla reception e mi dicono che posso uscire, ma solo accompagnato da uno della loro sicurezza. La mia reazione è solo di rabbia e chiedo loro perché ieri sera non mi abbiano informato. Furibondo decido su due piedi di lasciare l'hotel e Multan alla volta di Lahore, non ne posso più di scorte. Con l'Ammiraglia faccio comunque un giro in città. La situazione caotica sulle strade non è razionalmente compatibile con un semplice parcheggio e seguente visita dei luoghi che avevo in mente e che, almeno dall'esterno, non mi sembrano granché. Mi dirigo verso l'autostrada e fortunatamente, capirete tra poco perché, rinuncio anche a tornare indietro per una visita ad un mausoleo 130km a sud saltato ieri per mancanza di tempo. La nebbia è ancor più densa e compatta di ieri.
Faccio il pieno e noto che l'Ammiraglia non regge il minimo ed appena si abbassano i giri del motore si spegne. Strano, ormai ho fatto vari chilometri ed il motore non è più freddo. In autostrada sento che la già poca potenza dei vecchi 1100cc è sensibilmente più bassa del solito. Mi fermo e per tenere il motore accesso devo aprire abbondantemente l'aria. Qualcosa non va di sicuro. Tolgo il tappo del filtro dell'aria e vedo olio dappertutto. Ci siamo. Ecco il primo problema serio. Contatto il mio meccanico tramite Whatsapp. Sta in Cile in viaggio di nozze e mi consiglia intanto di staccare il condotto che va dal tappo dell'olio al filtro dell'aria per non continuare a mandare olio nel carburatore. Mi dice le possibili cause e nessuna è di semplice riparazione. Mi mancano duecento chilometri a Lahore e devo assolutamente arrivarci. L'Ammiraglia non si è mai fermata per strada nemmeno con le fasce rotte e, aggiungendo ogni tanto olio che adesso si sparge sull'asfalto senza fare altri ulteriori danni, entro in città. Con l'aria completamente aperta per non far spegnere continuamente il motore nel traffico mi reco all'Hotel 12J. Pur con una situazione totalmente diversa dalle altre città pakistane, vedo per la prima volta semafori e vigili, ci metto più di un'ora. Niente camere libere. Un gentile tizio che parla inglese e si trova lì per delle foto alle camere da inserire sul suo sito in cui è possibile prenotare online, mi accompagna a piedi ad un hotel vicino anch'esso gestito da lui e mi assicura che è buono e mi farà avere un buon prezzo. Non mi piacciono né le camere né il buon prezzo. Mentre torniamo, in un altro anonimo hotel dei tanti in zona mi fermo io autonomamente ed il prezzo è da furto rispetto alla qualità delle camere. Mi rassegno a ripartire con l'Ammiraglia, ma prima su booking online ne voglio vedere altri. Scopro così che il 12J, nel cui parcheggio sto facendo la ricerca, ha su booking 3 camere libere. Alt! Torno alla reception e mi dicono che non è possibile e mi invitano ad andare avanti nella prenotazione che sarà certamente bloccata successivamente. Completo la prenotazione che in più è non rimborsabile. Ed adesso come la mettiamo? Faccio vedere la conferma. Vanno in crisi. Telefonata al proprietario e dopo gran confabulare e controlli online viene fuori la camera. Miracoli del web. Pure ad un prezzo per qui più che buono di 17 euro circa. Ho finalmente un punto di riferimento. Scarico l'auto per adesso dei soli bagagli, come sempre. Meccanici? Uno a duecento metri. Vado. Capisce al volo di che si tratta. Ok, possibile. Mi chiedono 250 euro per l'intervento. No problem, ma so benissimo che se non aprono il motore la fattibilità ed il costo sono solo dialettica. Scarico tutto il possibile nella camera che fortunatamente è ampia perché da tre posti. L'Ammiraglia stanotte non l'avrò sotto la finestra.
-------------------------------------------- Giorno 47 – 25 Dic 2019
Mappa del viaggio
In un anonimo e qui sconosciuto giorno di Natale mi separo dai casuali compagni di viaggio. L'hotel ha comunicato di noi alla polizia che, prima dice di aspettare per scortarci per i non più di 5 chilometri che mancano alla città, poi cambia razionalmente idea. Siamo finalmente liberi. I Bulgari hanno trovato su internet dei rivenditori di ricambi auto e si avviano per primi. Gli olandesi non hanno programmi ed io decido di dirigermi verso Multan. Dopo poco, per la prima volta da solo in Pakistan, imbocco la principale modernissima e recente arteria autostradale del paese che qualche ideogramma che vedo mi fa supporre costruita con il supporto cinese. I rapporti tra i due confinanti paesi devono essere al momento ottimi. La ragazza con gli occhi a mandorla, entrata con me dall'Iran, non aveva avuto necessità di visto.
A velocità di crociera viaggio a circa cinque metri d'altezza rispetto alla campagna circostante. Un terrapieno, interrotto da piccoli sottopassaggi che mettono in comunicazione i due lati altrimenti irrimediabilmente separati, è la base per otto vuote ampie corsie, quattro per ogni verso di marcia compresa quella d'emergenza. Le nuove, poco fantasiose, tutte assolutamente identiche e già completate aree di servizio sono ancora chiuse e solo in un paio ci sono dei furgoni per un veloce pasto, la moschea aperta ed i bagni. Per il rifornimento occorre uscire ai caselli e poi rientrare. I biglietti all'ingresso e la riscossione del pedaggio non sono compito di freddi marchingegni che ti salutano con un metallico e chissà perché solo femminile “Arrivederci”, ma affidati a sorridenti addetti che calorosamente mi augurano buona permanenza in Pakistan ed a volte mi intrattengono in lunghi tentativi di dialogo. Pochissimi conoscono l'inglese.
Costi non paragonabili a quelli italiani, ma nemmeno indifferenti. Per 400 chilometri pago un totale poco superiore ai 10 euro. In ogni caso mi è ormai evidente che i prezzi degli hotel sono mediamente alti, la benzina è poco sotto l'euro al litro e l'economico Iran è ormai un ricordo.
La giornata è padanamente nebbiosa, situazione che resterà pressoché invariata.
Dopo queste necessarie e relativamente interessanti informazioni, veniamo a ciò che invece noto quasi subito ed è totalmente inaspettato ed incredibilmente fruttuoso.
A ridosso della ininterrotta alta rete metallica che corre parallela all'autostrada e che separa due mondi e due tempi lontanissimi tra loro, come impresso su una infinita pellicola, scorre e mi si apre senza veli o interferenze dovute alla mia stessa presenza indagatrice il Pakistan rurale al quale certamente non avrei possibilità di accesso alcuno nemmeno rimanendo qui per mesi. Mi è regalato uno sguardo sopraelevato, privilegiato e soprattutto spesso nascosto nella sua vera portata ai soggetti, che mi fa entrare, grazie ai mezzi fotografici che ho con me, totalmente dentro la vita quotidiana dei campi e delle case dei contadini e delle loro famiglie. Un Pakistan che penso precluso anche agli stessi pakistani dei centri abitati. Dopo un inizio scoraggiante in un paio di piccolissimi villaggi dove la vita si svolge tra i rifiuti, scopro la pulizia oltre che la serenità della campagna i cui sparsi, ma non isolati, occupanti vivono apparentemente in pace con il mondo e con se stessi una certamente povera e dignitosa vita. Una delle poche costanti moralmente negative è la visione del lavoro che è quasi solo femminile con poche eccezioni. A volte gli uomini, che qualche volta controllano e sovraintendono, hanno in mano delle robuste verghe che mi fanno pensare a sferzate di incitamento che spero siano solo nella mia fantasia.
La descrizione delle singole foto della lunga sequenza che segue la lascio ad un lettore che spero attento ai mille particolari più o meno evidenti che evito di sottolineare in modo che ognuno possa coglierne di suoi. Unica nota la riservo alla foto dei bambini che giocano “outside the wall” i quali alla vista del lungo teleobiettivo che fuoriesce dal finestrino, dopo che ho fatto solo un paio di scatti, scappano precipitosamente quasi tutti verso le case alle loro spalle. Una reazione totalmente inaspettata che mi sorprende immensamente e mi fa riflettere, assolutamente identica a quella dei tanti uccelli che casualmente incontro, inconsapevoli del mondo al di fuori delle loro istintive necessità.
Alla fine di questa intensa giornata che da sola, almeno per me, costituirebbe motivo di visita del Pakistan, mi avvio verso l'hotel che dopo una ricerca su internet mi ha convinto maggiormente. Il traffico continua ad essere totalmente incontrollato ed incontrollabile, solo impercettibilmente meno infernale che a Quetta.
All'arrivo un'amara sorpresa, anche a Multan e nel sud del libero e sicuro Punjab in cui sono adesso, solo pochi hotel possono accogliere stranieri. Vengo indirizzato quindi verso il Bling Hotel in cui accetto forzatamente una camera a circa 32 euro a notte. Vorrei rimanerci comunque due notti per visitare la città e qualcosa nei dintorni. Mi dicono che con il buio non posso uscire, ma questo non è un problema.