Riprendo l'auto dopo giorni. Vado alla Ford e, a parte l'enorme interesse che suscita l'Ammiraglia, non mi possono aiutare. Devo sottolineare come, ad eccezione dell'amico Sikh, al momento la sensazione è che non ci sia la diffusa, a volte esagerata per i miei occhi occidentali, disponibilità incondizionata trovata in Iran e Pakistan in cui immediatamente quasi tutti interrompevano qualunque cosa stessero facendo e, se non potevano risolvere il problema, coinvolgevano altri. Qui alla Ford ad esempio, non pensano nemmeno a provare a fare qualche telefonata, semplicemente non hanno ciò che cerco e la questione finisce lì. Però è ancora troppo presto per trarre conclusioni e soprattutto sono in una città, cosa da non sottovalutare.
Mr.Sandhu mi ha invitato a visitare il villaggio dove vive la sua famiglia, non lui, da varie generazioni. È il Punjab rurale e chiaramente accetto. Inizialmente ci fermiamo in un negozio di dolciumi dove mi cita i nomi di ogni specialità. Di una, già assaggiata in Pakistan, ne prendo un po' ed ovviamente mi viene offerta. Ieri Mr. Sandhu, dopo essersi reso conto durante una discussione del fatto che sui Sikh ne sapevo un po' e mi interessava saperne di più, mi ha regalato un libro sul Punjab e le sue tradizioni, in inglese ovviamente. A pochi chilometri da Amritsar, dopo esserci prima fermati in aperta campagna dove mi mostra i suoi terreni, iniziamo il giro. Il concetto di nucleo familiare è quello nostro di un secolo fa e comprende anche figli e nipoti dei fratelli e delle sorelle dei propri nonni. Entriamo in una fattoria isolata fuori dal villaggio che era quella dei nonni. In questa stagione ci si riposa, si comincerà a lavorare seriamente la terra in Aprile. C'è un gran silenzio a cui mi sto sfortunatamente disabituando. Si sentono solo gli strepiti di molti pappagalli che svolazzano sopra di noi.
Qui iniziamo anche la sequenza di tazze di tè e dolcetti fatti in casa che assolutamente è impossibile rifiutare. L'Italia delle campagne di 100 anni fa non era molto diversa, a parte i pappagalli. Hanno anche un trattore. L'acqua arriva da pozzi profondi più di cento metri ed adesso le pompe sono elettriche. Passiamo accanto a delle case che, sempre comunque all'interno di grandi spazi cintati, sono lussuose. Indago. Sono comunque contadini, anche se ricchi, che si sono fatti costruire le case da architetti. Avevo pensato a gente di città che, come da noi, possiede case dove passare il fine settimana, ma qui questo fenomeno è totalmente assente. Per costruire una casa non occorre alcun permesso e non ci sono vincoli, basta possedere il terreno e ci fai sopra quello che credi.
Ci spostiamo al villaggio che ha circa 3000 abitanti. In cielo decine di aquiloni oggi possono librarsi altissimi in una fuga concessa, ma controllata da ragazzi che abilmente ne muovono avanti e indietro il filo. Lo spettacolo non è però fotograficamente interessante proprio per le elevatissime quote e le conseguenti minime dimensioni.
Incitato a provare prendo in mano la sottile, ma robusta lenza ed immediatamente sento uno strattonare deciso in cerca di fuga. Questa sensazione tattile dimenticata mi catapulta a quasi cinquant'anni fa quando, su un piccolissimo canotto in cui a malapena entravo io e qualche secchio con le esche, ero solito allontanarmi nell'assolato pomeriggio estivo di lunghe giornate di mare dagli scogli di Acicastello per pescare con la lenza a mano. Gli strattoni degli ingannati pesci mi gridavano la stessa richiesta di libertà. Con quello stesso canotto, senza dire niente a nessuno, un giorno mi misi in solitario viaggio sospinto da due striminziti remi verso i Faraglioni di Acitrezza che in lontananza già da parecchio tempo mi avevano fatto sognare l'impresa. Qui adesso, questo ritrovato sperduto ricordo mi dice che in fondo non sono cresciuto per niente e che la vita in mezzo non mi ha cambiato se non nell'aspetto. Allora l'avventura finì ad un passo dalla meta quando spaventato dal sole ormai basso più che dai sicuri scapaccioni, tentai un ritorno reso impossibile dal vento contrario che respingeva la mia prima Ammiraglia. Mi vennero a recuperare in macchina, non ho ricordo delle punizioni che certamente ricevetti, ma solo dell'iniziale euforia. Spero che i cinquant'anni trascorsi mi servano almeno nel riuscire a tornare indietro da solo.
Un po' tutti conoscono Mr. Sandhu e ci salutano prima toccando il nostro ginocchio, cosa che li costringe ad un inchino, poi a mani giunte ed infine con una stretta di mano, ma quest'ultima più che altro a me che la offro. È la maniera locale di mostrare rispetto. Mr. Sandhu non tocca il ginocchio a nessuno, anche tra i Sikh le differenze esistono. I nuclei familiari che, tra mille selfie e foto con me al centro, riesco anch'io a fotografare comprendono un arco di età che va dai 2 fino almeno agli 80 anni. Il mio viaggio in solitaria penso che qui sia impensabile, oltre la fantascienza e Mr. Sandhu non si stanca di raccontarlo a tutti. Più che una celebrità mi sento come un animale esotico in esposizione.
Molti possiedono mucche, cosa impossibile per un hindu, e la mattina alle quattro in moto vanno a vendere il latte in città. Fotografando una macchina che trita manualmente il foraggio mi sento parte di un'altra epoca.
In una casa mi mostrano orgogliosi una piccionaia. Questi volatili vengono allevati al solo scopo di farli gareggiare e le scommesse al riguardo sono cospicue. Vengono rilasciati contemporaneamente e vince quello che per ultimo ritorna a terra. Pare che i migliori restino in volo ininterrottamente per oltre 12 ore.
Tornati all'ufficio pranzo insieme agli altri e trovo ad aspettarmi il foglio dell'assicurazione. Ho una ulteriore conferma del fatto che non pagherò nulla in autostrada. Mr. Sandhu mi mostra l'ennesimo regalo, un lungo tessuto di cotone che mi fasciano sulla testa. Risate e selfie a raffica. Devo dire che portato sempre mi annullerebbe il problema della calvizie, ci farò un pensierino. I Sikh si preparano il turbante ogni mattina da soli mettendoci dai 2 ai 5 minuti.
Saluto tutti e lascio un po' a malincuore, ma con l'augurio reciproco di rivederci, questa persona che non poteva farmi iniziare meglio il lungo, spero, viaggio in India e Nepal. Data l'immensità, al momento è come se avessi solo dato uno sguardo fugace attraverso lo spiraglio di un grande ed intarsiato massiccio portone.
La giornata si conclude con un po' di wildlife dalla finestra dell'hotel.
-------------------------------------------- Giorno 67 – 14 Gen 2020
Mappa del viaggio
Riprendo l'auto dopo giorni. Vado alla Ford e, a parte l'enorme interesse che suscita l'Ammiraglia, non mi possono aiutare. Devo sottolineare come, ad eccezione dell'amico Sikh, al momento la sensazione è che non ci sia la diffusa, a volte esagerata per i miei occhi occidentali, disponibilità incondizionata trovata in Iran e Pakistan in cui immediatamente quasi tutti interrompevano qualunque cosa stessero facendo e, se non potevano risolvere il problema, coinvolgevano altri. Qui alla Ford ad esempio, non pensano nemmeno a provare a fare qualche telefonata, semplicemente non hanno ciò che cerco e la questione finisce lì. Però è ancora troppo presto per trarre conclusioni e soprattutto sono in una città, cosa da non sottovalutare.
Mr.Sandhu mi ha invitato a visitare il villaggio dove vive la sua famiglia, non lui, da varie generazioni. È il Punjab rurale e chiaramente accetto. Inizialmente ci fermiamo in un negozio di dolciumi dove mi cita i nomi di ogni specialità. Di una, già assaggiata in Pakistan, ne prendo un po' ed ovviamente mi viene offerta. Ieri Mr. Sandhu, dopo essersi reso conto durante una discussione del fatto che sui Sikh ne sapevo un po' e mi interessava saperne di più, mi ha regalato un libro sul Punjab e le sue tradizioni, in inglese ovviamente. A pochi chilometri da Amritsar, dopo esserci prima fermati in aperta campagna dove mi mostra i suoi terreni, iniziamo il giro. Il concetto di nucleo familiare è quello nostro di un secolo fa e comprende anche figli e nipoti dei fratelli e delle sorelle dei propri nonni. Entriamo in una fattoria isolata fuori dal villaggio che era quella dei nonni. In questa stagione ci si riposa, si comincerà a lavorare seriamente la terra in Aprile. C'è un gran silenzio a cui mi sto sfortunatamente disabituando. Si sentono solo gli strepiti di molti pappagalli che svolazzano sopra di noi.
Qui iniziamo anche la sequenza di tazze di tè e dolcetti fatti in casa che assolutamente è impossibile rifiutare. L'Italia delle campagne di 100 anni fa non era molto diversa, a parte i pappagalli. Hanno anche un trattore. L'acqua arriva da pozzi profondi più di cento metri ed adesso le pompe sono elettriche. Passiamo accanto a delle case che, sempre comunque all'interno di grandi spazi cintati, sono lussuose. Indago. Sono comunque contadini, anche se ricchi, che si sono fatti costruire le case da architetti. Avevo pensato a gente di città che, come da noi, possiede case dove passare il fine settimana, ma qui questo fenomeno è totalmente assente. Per costruire una casa non occorre alcun permesso e non ci sono vincoli, basta possedere il terreno e ci fai sopra quello che credi.
Ci spostiamo al villaggio che ha circa 3000 abitanti. In cielo decine di aquiloni oggi possono librarsi altissimi in una fuga concessa, ma controllata da ragazzi che abilmente ne muovono avanti e indietro il filo. Lo spettacolo non è però fotograficamente interessante proprio per le elevatissime quote e le conseguenti minime dimensioni.
Incitato a provare prendo in mano la sottile, ma robusta lenza ed immediatamente sento uno strattonare deciso in cerca di fuga. Questa sensazione tattile dimenticata mi catapulta a quasi cinquant'anni fa quando, su un piccolissimo canotto in cui a malapena entravo io e qualche secchio con le esche, ero solito allontanarmi nell'assolato pomeriggio estivo di lunghe giornate di mare dagli scogli di Acicastello per pescare con la lenza a mano. Gli strattoni degli ingannati pesci mi gridavano la stessa richiesta di libertà. Con quello stesso canotto, senza dire niente a nessuno, un giorno mi misi in solitario viaggio sospinto da due striminziti remi verso i Faraglioni di Acitrezza che in lontananza già da parecchio tempo mi avevano fatto sognare l'impresa. Qui adesso, questo ritrovato sperduto ricordo mi dice che in fondo non sono cresciuto per niente e che la vita in mezzo non mi ha cambiato se non nell'aspetto. Allora l'avventura finì ad un passo dalla meta quando spaventato dal sole ormai basso più che dai sicuri scapaccioni, tentai un ritorno reso impossibile dal vento contrario che respingeva la mia prima Ammiraglia. Mi vennero a recuperare in macchina, non ho ricordo delle punizioni che certamente ricevetti, ma solo dell'iniziale euforia. Spero che i cinquant'anni trascorsi mi servano almeno nel riuscire a tornare indietro da solo.
Un po' tutti conoscono Mr. Sandhu e ci salutano prima toccando il nostro ginocchio, cosa che li costringe ad un inchino, poi a mani giunte ed infine con una stretta di mano, ma quest'ultima più che altro a me che la offro. È la maniera locale di mostrare rispetto. Mr. Sandhu non tocca il ginocchio a nessuno, anche tra i Sikh le differenze esistono. I nuclei familiari che, tra mille selfie e foto con me al centro, riesco anch'io a fotografare comprendono un arco di età che va dai 2 fino almeno agli 80 anni. Il mio viaggio in solitaria penso che qui sia impensabile, oltre la fantascienza e Mr. Sandhu non si stanca di raccontarlo a tutti. Più che una celebrità mi sento come un animale esotico in esposizione.
Molti possiedono mucche, cosa impossibile per un hindu, e la mattina alle quattro in moto vanno a vendere il latte in città. Fotografando una macchina che trita manualmente il foraggio mi sento parte di un'altra epoca.
In una casa mi mostrano orgogliosi una piccionaia. Questi volatili vengono allevati al solo scopo di farli gareggiare e le scommesse al riguardo sono cospicue. Vengono rilasciati contemporaneamente e vince quello che per ultimo ritorna a terra. Pare che i migliori restino in volo ininterrottamente per oltre 12 ore.
Tornati all'ufficio pranzo insieme agli altri e trovo ad aspettarmi il foglio dell'assicurazione. Ho una ulteriore conferma del fatto che non pagherò nulla in autostrada. Mr. Sandhu mi mostra l'ennesimo regalo, un lungo tessuto di cotone che mi fasciano sulla testa. Risate e selfie a raffica. Devo dire che portato sempre mi annullerebbe il problema della calvizie, ci farò un pensierino. I Sikh si preparano il turbante ogni mattina da soli mettendoci dai 2 ai 5 minuti.
Saluto tutti e lascio un po' a malincuore, ma con l'augurio reciproco di rivederci, questa persona che non poteva farmi iniziare meglio il lungo, spero, viaggio in India e Nepal. Data l'immensità, al momento è come se avessi solo dato uno sguardo fugace attraverso lo spiraglio di un grande ed intarsiato massiccio portone.
La giornata si conclude con un po' di wildlife dalla finestra dell'hotel.